Per capire in 60 secondi che cosa si intenda con pensiero divergente, guardate questo video che ho fatto per il canale TikTok di ReWriters. In pratica, si tratta di una funzione cognitiva capace di risolvere questioni razionali attraverso un approccio non razionale, non convenzionale, anticonformista, osservando il problema da diverse angolazioni, consapevoli del fatto – come recita il Manifesto ReWriters – che un punto di vista è solo la vista da un punto (questa frase è tra l’altro il claim della nostra linea di gadgets che potete vedere qui). Sinonimo di pensiero divergente è il pensiero laterale, termine coniato dal fascinoso scrittore e psicologo oggi quasi novantenne Edward De Bono. Entrambe le terminologie fanno comunque riferimento allo stesso comportamento: non considerare la logica sequenziale come un dogma ma anzi, privilegiare l’insight, il salto, il pensiero creativo.

Per capirci, il contrario del pensiero divergente è il pensiero convergente, che è anche quello che si intende con pensiero unico, massivo: il gregge (vero incubo per i ReWriters). Vi faccio fare un’esperienza al volo: la conoscete la storiella in cui padre e figlio fanno un incidente in auto? Il padre muore, il figlio viene portato in ospedale in gravi condizioni; il chirurgo quando lo vede, però, esclama: «non posso operarlo. È mio figlio!». Com’è possibile? Prima di conoscere la soluzione a nessuno viene in mente che il chirurgo possa essere la madre. Come scrive Vera Gheno in Femminili singolari, ciò che viene nominato si vede meglio, perchè la nostra mente è abituata a seguire lo scorrimano del pre-giudizio, ossia vedere e capire solo ciò che già si conosce (pensiero convergente).

E perchè questo? Prima di tutto, in ambiente scolastico e accademico viene maggiormente incentivato il pensiero convergente rispetto a quello divergente. Addirittura, secondo le ricerche di Getzels e Jackson, gli alunni con alto grado di divergenza sono accolti meno favorevolmente degli altri in quanto si suppone una superiorità del modello convergente. Tutto questo non solo non ha alcun senso, visto che, in qualsiasi campo, per una funzionalità piena si ha sempre bisogno di ogni facoltà e risorsa a disposizione, ma è addirittura un autogoal: il grande psicologo cognitivista Bruner, morto cinque anni fa, considerava olistico il pensiero divergente perchè capace di produrre risposte che hanno un’ampiezza superiore alla somma delle loro parti, al contrario del pensiero convergente che genera risposte in maniera algoritmica. Non a caso, tutti i progressi ottenuti dall’umanità, in campo medico o ingegneristico, in quello filosofico o artistico, ma anche tecnologico e imprenditoriale (si pensi a Facebook o Apple) hanno avuto come loro fondamento dei processi creativi (pensiero divergente).

Bisognerebbe insomma rivedere il concetto che abbiamo in occidente di intelligenza, soprattutto considerando che siamo in una società in cui, entro il 2025, un terzo degli attuali lavoratori sarà sostituito da robot, software e macchine intelligenti, e il pensiero divergente sarà una qualità sempre più fondamentale (e richiesta) per fare carriera, sviluppare nuove idee di business e fare innovazione (test per valutare le abilità da pensiero divergente sono usati già nei colloqui da aziende come Facebook, Air B&B, Google, Apple: occhio dunque ai consuetudinari test di intelligenza a risposta chiusa, perchè sono in grado di valutare solamente il pensiero convergente – il pensiero divergente può essere dimostrato solo con test a risposta aperta).

In ogni caso, non si tratta di una gara tra modelli cognitivi ma, anzi, occorre una integrazione e una complementarità, a seconda della natura del problema da affrontare: se prevale l’apparato, si rischiano organizzazioni monstre di tipo kafkiano, dove vige burocrazia formale e autoreferenziale basata su procedure sempre uguali a se stesse che possono solo consumarsi ed esaurirsi; ma è anche vero che il più raffinato e creativo pensiero divergente nulla può se l’apparato non è funzionale e capace di ottimizzare le risorse, perchè creatività, talento e slanci hanno bisogno di una struttura organizzata che sostenga queste qualità.

E dunque, panf panf, arriviamo al tema di questo blog, che riguarda le relazioni, i ménage, la cultura queer: cosa diavolo c’entra questa osanna del pensiero divergente? Il pensiero divergente è la leva di trasformazione socioculturale più efficace che esista anche nell’ambito delle relazioni umane, soprattutto nei rapporti sociali, e tra maggioranze e minoranze. La sua presenza costituisce la possibilità di interrompere le condizioni di rigidità, conformismo e staticità che sono spesso causa di malattia di un sistema. Rompere gli schemi, criticare e opporsi creativamente e costruttivamente all’opinione dominante è un’azione socialmente utile che va tutelata, protetta e stimolata perchè, appunto, produce valore e innovazione, sia in termini di probelm solving, sia di capacità progettuale, di produrre nuove visioni e immaginare un futuro declinabile. La diffidenza verso soluzioni originali e idee inusuali rende impossibile lo sviluppo di qualsiasi cosa in qualsiasi campo, dal business all’economia, dalla politica alla scienza, fino alle relazioni affettive.

Arrivo alla conclusione con una esortazione, perchè appunto ce n’è bisogno: coltivate il pensiero divergente (o queer), quella curiosità, quella ricerca di inconsueto, deviante, originale, freak, insolito, eccentrico (ossia che spinge a muoversi in una direzione non convergente verso il centro e non in linea con la direzione presa dalla maggioranza) senza temere di essere emarginati, esclusi, non accettati. Non fatevi inibire nel manifestare pensieri, punti di vista, opinioni, idee e visioni non conformati, sintonizzatevi con il bisogno che qualsiasi società o gruppo ha di tutto ciò e con questa consapevolezza combattete le pressioni esercitate da quei sistemi di controllo che servono solamente a sostenere le cosiddette famigerate maggioranze bulgare. E vi esorto anche a combattere la pigrizia mentale perchè, sì, è vero, coltivare l’anomalia può creare ansia e stress, dato che impegna in uno sforzo cognitivo non richiesto.

Ma come si allena il pensiero divergente (di cui tutti siamo dotati)? Cominciamo da un indovinello: immagina di ritrovarti in una stanza con due sole porte. Attraversando la prima sarai polverizzato all’istante da una gigantesca lente in grado di concentrare i raggi solari. Aprendo la seconda invece sarai investito dalle fiamme di un possente drago. Quale delle due porte scegli? La risposta corretta si basa sul pensiero divergente (leggi fino in fondo e troverai la risposta, se non riesci da sol*). E intanto, alleniamolo questo pensiero divergente:

  1. Boicotta l’emisfero sinistro. Il nostro cervello, soprattutto l’emisfero sinistro, tende a cercare scorciatoie e schemi (come appunto il pre-giudizio) per individuare una soluzione senza sprecare troppe energie
  2. Metti l’obiettivo al posto del problema. La nostra mente tende a concentrarsi sul problema e non si apre. Immaginare l’obiettivo invece ci permette di attivare il desiderio, forza motrice propulsiva della mente creativa
  3. Fai l’abbonamento a ReWriters qui! 😀

Un libro cult per allenare il pensiero divergente è Il pensiero laterale di Edward De Bono: non vi deluderà! E adesso vi lascio la soluzione all’indovinello (la prima porta perchè basta semplicemente aspettare che cali il sole) e un brano per divergenti: ascoltalo qui!

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