Nella mia vita non avevo mai preso una posizione così drastica, quella che ho affidato al blog ReWriters per Il fatto Quotidiano, testata nostra partner (leggi qui l’articolo), da cui è conseguita la decisione, comunicata prontamente alla redazione di questo giornale, di non pubblicare posizioni NoVax.

Subito, il noto linguista Massimo Arcangeli, nostro blogger e membro del nostro Comitato Scientifico, ha abbandonato la collaborazione, come anche Sergio Tonon, altro nostro autore, e la compositrice e pianista, Alessandra Celletti, nostra vlogger.

Ma i costi più importanti sono stati quelli pagati in termini affettivi: ho perso più di un’amica. “Perso” è una parola definitiva che mal si coniuga con relazioni importanti e strutturate nel tempo, eppure mi è accaduto proprio questo, la sensazione di quel ponte che crolla: il ponte che rende possibile l’incontro.

Dicevo che non ho mai preso posizioni drastiche nella mia vita per un motivo che ho molto chiaro: ho sempre attraversato la mia esistenza, fin da bambina, mossa da una profonda curiosità e amore per l’essere umano, in ogni sua declinazione, anche le peggiori. Ho sempre faticato a farmi una opinione personale, ad esprimere un giudizio su un’altra persona per via di un comportamento o un modo di essere, perchè il primo moto era sempre lo stesso: perchè?. Una visione eziologica, etologica, un modo di stare al mondo forse distante, poco partigiano, presissima dalla fame di comprendere tutto, sempre, anche il più piccolo dettaglio, anche l’inspiegabile. Anche l’orrore, anche l’inferno, i moventi dei pedofili, dei nazisti, della tortura, degli stupratori, di chi sevizia gli animali, e così via.

Forse un modo per negare l’inaccettabile? Per depotenziarne il danno? Una via per salvarsi, salvando il colpevole attraverso l’inclusione ecumenica nel mio personale umanesimo? In fondo, quando si riesce a comprendere l’orrore, l’orrore non può batterci, in termini di angoscia. Non lo so, so che oggi, di fronte alle posizioni NoVax, in me è scoppiata una rivoluzione che ha sovvertito questo equilibrio della mia organizzazione interna.

Per la prima volta
da una parte della barricata

Ed ecco che da persona che non ha mai avuto tessere, che non si è mai iscritta ad alcuna organizzazione o associazione tale era il disagio di appartenere ad una sola parte dell’umanità, il fastidio per le nicchie, le squadre, ma anche per le militanze e le ideologie, apparati che consideravo (e considero) malsani per il loro aspetto divisivo, ecco che oggi mi ritrovo anche io da una parte di una barricata.

Inizialmente è stato quasi uno shock interno: come non avere strumenti per elaborare una trasformazione apicale. Gli insulti, le aggressioni, appunto dicevo gli abbandoni. Poi è cominciato ad affiorare un piacevolissimo senso di liberazione, un po’ come quando si nasce, dopo il tratto d’asfissia, respirando a pieni polmoni e liberi di muoversi. Un senso straordinario di autonomia, di pienezza, di compiutezza, di coerenza, nonostante il prezzo di alcune solitudini, della delusione di non poter essere tutto, tutti: io sono io, io sono questo.

Naturalmente ho ascoltato ogni ragione contraria alla mia, amici, colleghi, parenti, vicini, le piazze, tutti e tutte, percependo in me emozioni e reazioni molto diverse ogni volta, a seconda della grammatica, del registro e della complessità dell’opinione altrui. Ma che scoperta straordinaria avere qualcosa da difendere, da proteggere, sentire che avere una opinione non significa rinunciare all’esercizio dell’empatia.

Mi è stato d’aiuto il Manifesto ReWriters che dice che “Un punto di vista è solo la vista da un punto” (vedi la linea gadget che abbiamo costruito proprio su questo passaggio, che è diventato il claim del movimento): la pluralità, uno dei valori-cardine su cui si basa questo cultural brand, non può prescindere dal senso del limite, lo stesso evidenziato nella celebre frase di Martin Luther King (La mia libertà finisce dove inizia la tua): è il cuore di ogni democrazia moderna, in cui si cerca di realizzare un bilanciamento tra esigenze contrapposte, punti di vista differenti, diritti tra loro in conflitto. Ogni libertà, lo insegna la storia ma anche la psicologia cognitivo evoluzionista, prevede i correlati limiti, altrimenti non è una libertà compiuta.

La statua dedicata a M. L. King per il Memorial del 15 giugno 2013 a Washington

Il nostro primo valore è il bene comune

Ed ecco la mia scelta di campo, non pubblicare tesi NoVax sul mio giornale, ossia non rappresentare tutti i punti di vista indiscriminatamente come se libertà volesse dire senza-limiti: se è vero che i ReWriters sono una comunità valoriale, quei valori saranno il limite, la discriminante necessaria che lascia fuori dal nostro Movimento chi non si riconosce nel nostro Manifesto, alla cui base c’è il bene comune al centro, la comunità al primo posto.

Vi saluto con un suggerimento che spero possa essere utile: nel sito L’educazione civica per l’Agenda 2030 sono presenti idee e strumenti per diventare parte di una cittadinanza responsabile. In alternativa, perchè no, leggersi un manuale fresco di stampa sull’educazione civica, ripassandola insieme ai nostri figli: consiglio Costituzione, sviluppo sostenibile, cittadinanza digitale.

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