Non è né maschio né femmina, anzi, è un po’ tutt’eddue. E’ possibile, sì, anche se i genitali sono ben definiti alla nascita. Maschio all’anagrafe, L. da sempre è stato attratto dal mondo delle bambine, dal femminile, pur non rifiutando la sua identità biologica. E’ un bambino (bellissim*!) di terza elementare, ha 8 anni, capelli lunghi e biondi, e vive con la sua mamma Camilla, un fratellino più piccolo, una sorella adolescente, sei gatti e un cane in una delle città più belle del mondo, Firenze. “Basta – dice Camilla Vivian, autrice del primo blog italiano sui bambini “gender fluid”, Mio figlio in rosa, on line da tre giorni – basta con la vergogna, l’ignoranza, il silenzio, la paura. Sono anni che mi scervello su mio figlio, nessuno ne sa niente, in Italia non ci sono informazioni su questo fenomeno, percorsi da seguire, giusto qualche chat in rete, ma sempre balbettante e a mezza bocca. Per fortuna parlo bene l’inglese e oltrefrontiera ho trovato associazioni di tutti i tipi e tanto materiale: mi sono messa a studiare, e una piccola bussola mentale per orientarmi nella zona grigia dei bambini transgender me la sono costruita. Anche grazie all’aiuto della dott.ssa Jiska Ristori, che lavora nel team sulla disforia di genere dell’Ospedale di Careggi e che ha visitato mio figlio – che però non risulta un soggetto con disforia di genere, ho messo a fuoco alcuni obiettivi tra cui uscire dal silenzio e parlare di questo fenomeno. Vorrei essere d’aiuto a chi si trova nel mio stesso smarrimento, ma anche stimolare a 360 gradi la nostra società chiusa ad evolvere e a rapportarsi con le differenze. L. è felicissimo del blog, anzi non vede l’ora di poter parlare della sua condizione (guarda cosa dice)”.

Camilla Vivian con su* figl* L.

Camilla Vivian ha 45 anni, è una bella donna che per anni ha lavorato come fotografa, dopo aver vissuto negli Stati Uniti. Separata dal marito, adesso si è messa a fare la mamma a tempo pieno e, appunto, a tradurre dall’inglese per far crescere culturalmente il nostro piccolo paese: proprio oggi ha pubblicato la traduzione della bellissima Ted conference “Beyond the Gender Binary” della Dr. Margaret Nichols.

Nel blog anche vari aneddoti, una sorta di “diario” che racconta la fluidità di genere di L. fin da piccolo, quando preferiva il ciuccio rosa; ma anche articoli di professionisti, psicoterapeuti, giornalisti specializzati, tutti contenuti rigorosamente accessibili, sia per la lingua italiana, sia per il registro divulgativo. Una testimonianza preziosissima che ci aiuta a fare luce sulla contemporaneità, e che racconta una realtà sempre più vicina. Ma di che si tratta?

I bambini gender fluid non hanno una identità di genere fissa: mentre infatti l’identità biologica risiede nei genitali, quella di genere risiede nel cervello, e non sempre è statica. La maggior parte dei bambini già a due-tre anni sviluppa un’identità di genere molto forte in linea col proprio sesso biologico, ma non tutti. Alcuni si identificano nel sesso opposto al proprio (attualmente inchiodati a una diagnosi psichiatrica, “disforia di genere”, ma in molti Paesi il dibattito si sta riaprendo, e non tutti sono d’accordo nel ritenerla una malattia), ed è consigliata una transizione sociale e chirurgica (in Italia a carico del Servizio Sanitario Nazionale); altri invece oscillano, e non si sa la vera identità di genere fino all’adolescenza, quando il corpo inizia a cambiare e si è portati a “scegliere” (sono appunto i bambini “gender fluid”).

“Questi bambini – sostiene Camilla Vivian – scardinano il binario di genere che, a ben guardare quindi, non è scontato. E’ rivoluzionario se oggi le nostre società riescono ad includerli e accoglierli senza costringerli, come accadeva fino a 20 anni fa, a “correggersi”, perché questo ci aiuta a pensare al maschile e al femminile come qualcosa di non così rigidamente separato, proprio come non lo sono natura e cultura”.

Sono d’accordo con Vivian e con Nichols quando dicono che questa “apertura del pensiero” che ci permettere di “vedere” questo cangiare identitario in alcuni bambini è una chiave evolutiva perfettamente in linea con una contemporaneità che integra e include differenze e opposti, e che oltrepassa le barriere, a partire dalla rivoluzione digitale e dalla globalizzazione, fino alle nuove frontiere della scienza medica e della fisica quantistica. E’ il superamento perfino della netta divisione tra persone omosessuali e non, e infatti il focus sul gendef fluid non arriva dalle cominità LGBT ma dalle famiglie tradizionali, dove sono cambiati i ruoli, col padre che cambia i pannolini e la madre che lavora. Non a caso tutte le più importanti associazioni che proteggono e supportano questi bambini sono state create da mamme. Grazie allora anche alla mamma Camilla Vivian che tende una mano all’Italia, per traghettarsia oltre se stessa.

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