Fin da piccola attraveso la mia esistenza in modo eziologico, ossia chiedendomi il perchè delle cose che vedo accadere a me e intorno a me. La legge di causa ed effetto del buddismo Nichiren, molto più della psicoanalisi, mi ha dato risposte illuminanti, ma oggi vorrei concentrarmi sull’etologia e cercare una risposta proattiva, capace cioè di costruire percorsi evolutivi e, mentre comprendiamo la causa socioculturale (dunque non politica) del naufragio del Ddl Zan, troviamo nuova linfa per andare avanti e trasformare l’ostacolo in opportunità (e magari, tra sei mesi, un nuovo tentativo potrà andare a buon fine).

Forse ciò che non è stato fatto abbastanza è la sollecitazione dei neuroni specchio, ossia dell’empatia, nelle persone in cui il modello ottimale di fluidità è invalidato dal timore di non confermare i propri pregiudizi e del dispendio di energie necessarie per rimodulare le proprie credenze (spiego più approfonditamente questo concetto qui).

Per sollecitare la capacità empatica delle suddette persone in difficoltà, occorre produrre immaginario, storie, narrazioni, cultura, educazione, informazione. Occorre mostrare che realmente cosa accade nella vita delle persone LGBTQI+ vittima di omolesbobitransfobia, alle persone disabili discriminate, alle persone bullizzate, etc. Occorrono coming-out continui. Questa è a mio avviso la strada maestra per attivare l’empatia, lo strumento più potente che può sensibilizzare e stimolare la parte più arretrata delle nostre società a rimodularsi, ad adattarsi ai cambiamenti e alle innovazioni che riguardano le nuove, più evolute, convivenze della contemporaneità.

E’ scienza: “La scoperta dei neuroni specchio viene dall’osservazione di ciò che accade nella corteccia motorie. La corteccia motoria a sua volta è distinta in sette aree, qui ci interessa quella parte che si fonde con le aree frontali e quindi con le funzioni cognitive”, spiega Giacomo Rizzolati, coordinatore del gruppo di scienziati che nel 1992, nell’ambito della psicologia evoluzionista, ha scoperto l’esistenza dei neuroni specchio. In pratica, osservare il movimento di prendere un bicchiere o prendere il bicchiere determina le stesse attivazioni in una tipologia di neuroni denominati neuroni specchio, e dunque l’azione tua diventa l’azione mia.

“Il soggetto che osserva qualcuno che legge attiva le stesse aree del cervello di quando si legge, ma nell’osservare il cane che abbaia si attivano solo le aree visive, non abbiamo cioè il corrispondente mirror dell’abbaiare, lo capiamo in maniera diversa, in modo logico-inferenziale. Abbiamo quindi due maniere radicalmente diverse in cui noi capiamo gli altri. Le azioni degli altri e le emozioni degli altri. Il sistema mirror tipico dell’empatia non richiede procedimenti logici. Esperimenti dimostrano che la percezione del dolore dell’altro porta all’attivazione della stessa area del cervello (insula), dunque il dolore è riconosciuto per il meccanismo mirror dell’empatia, non è una comprensione cognitiva. Io riconosco il tuo dolore perché diventa il mio dolore”.

Se leggiamo l’immenso Martin Mordechai Buber, filosofo, teologo e pedagogista austriaco, approfondiamo in che senso la relazione tra l’Io e il Tu sottolinea l’esistenza olistica tra due esseri. Ecco, quello che si vede nel sistema dei neuroni specchio, anche attraverso risonanze magnetiche, è che nell’incontro empatico non è il ragionamento a permetterci di comprendere l’altro ma un conoscersi dall’interno di se stessi, un entrare in contatto a partire dalla propria esistenza autentica senza che l’altro diventi un oggetto. Nell’empatia, cioè, l’esistenza di due esseri diventa quella di un essere solo, diventa olistica.

E’ questa la strada da percorrere per tutte le minoranze che chiedono di veder riconosciuti i propri diritti: raccontare la propria storia, mostrare il proprio dolore. L’unico modo è aiutare chi è rimasto indietro perchè si tratta di esseri umani che, per via di questa invalidità, ledono la possibilità degli altri di vivere la propria esistenza in maniera compiuta e serena e intossicano la convivenza sociale. Occorre che le minoranze, unite alla parte sana delle maggioranze, curino la parte ammalata delle maggioranze.

Continua a leggere su L’Espresso.