Basta guardare il sito per restare incantati. Ha aperto da poco a Roma, in via Sora, questo bar decisamente d’atmosfera, tra divanetti e velluti, e poi legno, tanto legno. Elegante come lo è l’understatement, sensuale, forse anche erotico, ma solo se si intende l’erotismo come qualcosa che lavora sottopelle, sottosoglia. Eppure, come recita il claim prestato da Andrè Breton, c’è una bellezza diffusa di tipo “convulsivo”, perchè “La bellezza sarà convulsa o non sarà bellezza”.

“All’inizio eravamo solo dei tatuatori, poi abbiamo deciso di provare qualcosa di diverso – spiegano i proprietari – e abbiamo aperto il Wisdomless Club, dove i tatuaggi si miscelano al buon bere e allo stile”. Ispirati da von Eichendorff che nel suo raccontoVita di un perdigiorno narrava di avventure fiabesche e passeggiate nella natura e dai surrealisti francesi degli anni ’20, i gentiluomini di fortuna di Wisdomless Club sembrano usciti dalle chine di Hugo Pratt: eleganti, tatuati, bons vivants, raccontano di pellegrini dalle braccia tatuate in una Wunderkammer sospesa.

Stiamo parlando di un luogo fuori dal tempo, l’incantevole Foresteria del Palazzo Boncompagni – Duchi di Sora – nel Rione Parione a Roma. Un posto in cui perdersi tra statue in marmo, leggende incas, Zuavi Pontifici, incisioni antiche, alligatori del Mississippi e pugnali del lontano Oriente che ci catapultano in un immaginario onirico dove viaggiare significa uscire da se stessi, o ritornarci, ogni volta diversi.

Aperto dal risuonare del cannone del Gianicolo, fino a tarda notte, è il luogo perfetto per chi ama vivere la propria vita tra l’estetica del piacere, il coraggio dell’esperienza e lo stupore dell’infanzia.

Tappa preferita da esploratori del pianeta o dell’anima, è un locale decisamente innovativo se si parla di ospitalità: le nuove conoscenze saranno facili solo se si è disposti ad adottare come stile esistenziale quello della resilienza, dell’apertura e dell’autenticità. Allora sì che i segreti di questo gabinetto delle curiosità freak e cool si spalancherà sotto i vostri occhi come il giardino segreto custodito dentro ognuno di noi, e, tra inchiostro in infusione sotto pelle e miscele di cocktail dal gusto ricercato, la serata sarà indimenticabile.

“Era il 1873 quando fu pubblicato “Il giro del mondo in ottanta giorni“. Un romanzo probabilmente ispirato alle imprese di George Francis Train. Di sicuro frutto dell’immaginazione di chi – come Jules Verne – voleva perdersi nel mondo, senza perdersene neanche un po’. Sul nostro mappamondo è possibile immaginare il viaggio di Phileas Fogg e del suo cameriere Passepartout, magari sorseggiando uno dei drink Bulleit tra i percorsi della nostra art gallery”.

Buon divertimento!

Continua a leggere su The Grand House Magazine.