E’ domenica, sto ascoltando mia figlia che ripete i Greci, come prevede il programma delle scuole elementari. Mi ripete che le donne greche non potevano possedere beni, non potevano uscire di casa se non con il marito, si potevano sposare solo con chi decideva il padre. Patriarcato. Mi guarda e mi fa una smorfia come per dire:

Mamma mia!

Mia figlia ha due madri, entrambe con la responsabilità genitoriale riconosciuta anche dalla legge, tramite sentenza del Tribunale. Non ha quindi un padre ma un donatore anonimo. Non può materialmente avere introiettato stereotipi, bias e standard sui pattern moglie-marito. Non credo ad esempio potrebbe comprendere molte barzellette sui rapporti uomo-donna. Non ha insomma alcuna esperienza diretta del patriarcato (se non quella inculcata dai libri o film per bambini, dato che ancora non è sui social nè naviga sul web e guarda la TV). Per lei, quindi, apprendere che storicamente esiste un diverso trattamento delle donne rispetto agli uomini è una stranezza assoluta, definitivamente incomprensibile. E, soprattutto, qualcosa che appartiene all’antichità.

Patriarcato, omofobia, omosessualità

Naturalmente cerchiamo di spiegarle che anche oggi esistono opportunità diverse per donne e uomini, che per le donne è più difficile guadagnare o lavorare, che alcuni uomini hanno comportamenti violenti perchè non vogliono che le loro donne siano autonome o indipendenti. Così come cerchiamo di spiegarle cosa sia l’omofobia, concetto altrettanto oscuro e complesso, visto che per lei l’omosessualità è qualcosa di naturale e scontato come l’avere per genitori due mamme.

Il caso di Giulia Cecchettin, anzi, il femomento sociale scatenato dalla sorella Elena, per cui molti uomini stanno pubblicamente assumendo la responsabilità collettiva del patriarcato, mi ha fatto riflettere sulla mia scelta di stare con una donna pur non essendo definitivamente lesbica e di mettere su una famiglia omogenitoriale. Come racconto nel mio ultimo libro, Nata con noi, scritto a quattro mani con mia moglie, a me gli uomini sono sempre piaciuti e piacciono, e anche tanto. Sia eroticamente, sia nel relazionarmi con loro. E allora perchè scegliere la strada più in salita?

Mi sono risposta: non avrei mai potuto sostenere una relazione da copione, in cui, più o meno consapevolmente per entrambe le parti, i ruoli fossero preassegnati e dati per scontati, in cui le aspettative sulla performance relazionale fossero già scritte. Il tutto sfavorevolmente per me in quanto donna. Non avrei mai potuto sostenere, insomma, il sistema patriarcale. Ma perchè, se come tutt* anche io faccio parte del contesto? Semplicemente perchè, come mia figlia, anche io sono stata cresciuta al di fuori da modelli standard.

Crescere fuori dai modelli standard

Sia mio padre che mia madre vantavano in famiglia le prime donne laureate in Italia. Mio nonno diplomatico e mia nonna filologa erano riusciti a divorziare consensualmente nella ex Jugoslavia per sopraggiunta impotenza generandi (trascrivendo il certificato nel nostro Paese) prima che il divorzio fosse legale in Italia perchè entrambi avevano relazioni extraconiugali. Mia nonna materna, invece, era giornalista in un quotidiano nazionale, sposata per amore. I miei genitori hanno partecipato attivamente alla rivoluzione degli anni ’70, con comuni nudiste di artisti in California, gruppi di autocoscienza femministi e circoli di intellettuali comunisti e queer. Mio padre cambiava i pannolini a noi figl* quando per un uomo farlo era considerato poco virile.

Ieri, stavo per condividere questa riflessione con mia moglie, ma lei mi ha preceduta con un improvviso:

Io comunque non avrei mai potuto stare con un uomo“.

Dovete sapere che Rory Cappelli, è bisessuale come me. Ma, al contrario di me, lei proviene da una famiglia in cui il patriarcato è inscritto nel DNA: è figlia di un Generale di Corpo d’Armata, violento al punto da aver cavato un occhio alla madre con un cazzotto.

Perchè?”

le ho chiesto:

Perchè ho dato ascolto a mia nonna, quando, ero piccola, mi disse di non sposarmi mai e di pensare alla mia indipendenza economica. Ricordo ancora quella sensazione forte: capii che le sue parole avevano a che fare con la mia felicità“.

Continua a leggere su ReWriters.