* Eugenia Romanelli, Presidente dell’Associazione Culturale ReWriters, ogni mese firma un editoriale per L’Espresso sulla riscrittura dell’immaginario contemporaneo

Correva l’anno 1990, Bologna era terrorizzata dalla banda della Uno Bianca ma comunque culturalmente viva e pulsante. Mentre l’Isola Posse All Star, che poi accoglierà Neffa, attraverso il rap si auspicava che il panico generale non facesse perdere la testa alla gente e alle istituzioni, Tiziana, Cristina, Alice, Elisena e Claudia formarono una band – una rock band – per dimostrare a tutti quanto il pregiudizio che le donne non potessero fare del rock di qualità fosse… beh un pregiudizio. La prima data del gruppo, le Mumble Rumble, fu nel corso di una manifestazione contro la Guerra del Golfo. Poi venne la vittoria ad Arezzo Wave. E Videomusic.

Trent’anni, quattro cantanti e cinque bassiste dopo, le Mumble Rumble di certo non sono arretrate nella loro ricerca di suoni originali, graffianti e tecnicamente raffinati. Il fatto che il rock abbia in parte perso il suo appeal di certo non scoraggia una band che delle mode non si è mai troppo curata. Questo non vuol certo dire chiudersi nel passato – anzi la costante del gruppo è sempre stata e continua a essere contaminare e sperimentare: il prog, il punk, l’hardcore, il metal, il noise.

In Insidious Inside (2018), l’ultimo disco, c’è lo stesso spirito che nel primo – Kapow (1994) – portò ad apporre in copertina una suora scalciante. La copertina, in questo caso – una pianta carnivora a forma di cuore – dice tutto: è seducente ma è comunque insidiosa, “cattiva”.

Tiziana Govoni e Cristina Atzori (Stereokimono) della formazione originale mantengono la continuità l’una proponendo le sue “chitarre assassine” (definizione di Andrea Tinti) o sdoppiandosi in intrecci complessi in pezzi come Pandora, l’altra evitando come la peste qualsiasi soluzione ritmica banale.

Insidious Inside è stato mixato al Morphing Studio di Cristiano Santini dei Disciplinatha, un gruppo “cugino” delle Mumble Rumble dato che per tanti anni la bassista di entrambi è stata Roberta Vicinelli. Il basso stavolta è di Erica Martini (LeiBei) e la voce è di Meltea Keller traduttrice, scrittrice, blogger.  L’ottimo lavoro di master è di Giovanni Versari, altrimenti noto per essersi guadagnato un Grammy per Drones dei Muse.

La maggior parte dei testi sono in inglese, due sono in italiano, uno in tedesco. Parlano di argomenti d’impegno sociale come la violenza domestica (This empty heart), il sostegno ai diritti LGBT (Schicksal), il burnout sul lavoro (Don’t let ‘em take you) ma anche di introspezione come l’onirico Pandora o l’aggressivo Stupid Jives.

C’è molta voglia di gridare in maniera liberatoria che, no, non sta andando tutto bene. Insidious Inside è un disco infuocato, forse più del precedente Tredici – che comunque contiene brani arroventati come Specie (“Questa terra trema e tu parli di civiltà!”) che lo stato attuale del presente proprio non consente di togliere in scaletta dai live. È un fuoco di rabbia, di potenza, di passione, di energia e di sincerità. Ma è un fuoco controllato dalla lucidità della struttura, dell’ordito e della trama del suono soppesato, mai a caso. Come non è stato un caso che, proprio proponendo questo album, le nostre siano state scelte come gruppo di apertura della data delle Pussy Riot all’Estragon. I vissuti sono sicuramente differenti, i contesti lo sono ancor di più tuttavia c’è una certa solidarietà emotiva energetica comune.

Ah, per chiudere sfatando un mito a proposito di donne con un certo piglio, Milena Gabanelli non ha mai suonato con le Mumble Rumble se ve lo stessi chiedendo. È una leggenda metropolitana riportata da alcune testate di costume che nasce dall’omonimia della terza bassista, Giulia Bottazzi, con la figlia della giornalista. Nel miglior stile “telefono senza fili” il ruolo di bassista è passato in un secondo dalla figlia alla madre. Alle Mumble Rumble questa associazione d’idee fa un po’ sorridere ma non fa certo dispiacere.

La suddetta Meltea Keller, all’anagrafe Martina Biscarini, è anche blogger di ReWriters (trovate qui i suoi articoli), impegnata sul tema Ci-Fi, è nata a Empoli nel 1985, ma di stanza a Bologna dal 2004. Laureata in DAMS cinema (Bologna 2009), in videomaking (Kingston-upon-Thames, 2012), in lingue e letterature straniere (Ferrara, 2016, 2020), con una tesi di letterature comparate focalizzata sul genere cli-fi, sul successo che ha avuto in ambito anglosassone e sulle resistenze incontrate in ambito italiano. E’ traduttrice e curatrice della prima edizione dell’autobiografia di Harpo Marx dei Fratelli Marx (Harpo Speaks è uscito per Erga Edizioni di Genova nel 2017 con la prefazione di un maestro che di grandi comici se ne intende, Maurizio Nichetti). Per Erga ha anche scritto un racconto cli-fi breve ispirato al mito di Cassandra incluso nella raccolta Sei un mito (2020). Collabora con Arcana Editore per la collana “Cantautori del futuro”, con cui ha scritto la biografia di Mannarino (Cercare i colori, 2018) e di Rancore (Segui il coniglio bianco, 2020).

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