Ieri sera ero in platea. Due ore di divertimento ma anche di riflessioni. Sulla natura umana, sui rapporti tra uomini e donne, su quel “piccolo io” che ci fa diventare gretti, egoisti, vigliacchi, e comportare come procacciatori di puro rifornimento. Dove però, in filigrana, nascosto come il plasma nel sangue, emerge un profondo senso di giustizia. Condivido in pieno Gramsci, che di questa pièce disse: Liolà è il prodotto migliore dell’energia letteraria di Luigi Pirandello, è una commedia che si riattacca ai drammi satireschi della Grecia antica, Mattia Pascal, il melanconico essere moderno, vi diventa Liolà, l’uomo della vita pagana, pieno di robustezza morale”. Questa commedia fa ridere ma non è gioconda, è allegra con cattiveria a spese di tutti.  Nel testo, si sente sempre la presenza di un ingegno creatore, che ha quasi la tristezza dell’opera che immagina e una superiore ironica pietà dei personaggi, che fa ridere.

Strepitoso Giulio Corso, ma questo si sapeva. Va ridetto, in ogni caso, perchè quando si incontrano sul palco attori capaci di suscitare tale empatia e concentrazione, si ritrova il senso di andarci, a teatro. E non è cosa da poco. Bravissima anche Nadia Perciabosco, attrice siciliana di grande esperienza, che scivola sul palco con la leggerezza di una farfalla, agile come il personaggio che interpreta.

Fino al 16 febbraio resta in scena, al Teatro Quirino, questa commedia d’ambiente siciliano che trae spunto dal quarto capitolo del “Fu Mattia Pascal” e dalla novella “La mosca”.  “In questa edizione – spiega il regista, Francesco Bellomo – abbiamo scelto di collocare il periodo storico a cavallo dei primi anni ’40, mentre il contesto scenografico ci riporta al borgo marinaro di Porto Empedocle, con le costruzioni di un bianco accecante che le incastona perfettamente nel paesaggio della scala dei Turchi, adiacente la casa natia di Pirandello”. Questo espediente consente una ricollocazione oltre che di luogo, anche del modo di esprimersi: gli anziani parlano ad esempio con cadenze dialettali più accentuate rispetto al linguaggio italianizzato dei giovani.

L’originale revisione riguarda anche le caratteristiche dei personaggi: Liolà un don Giovanni senza morale, che con il suo comportamento, scombussola l’apparentemente morigerata società in cui si muove. Zio Simone Palumbo diventa un commerciante di zolfo che governa le attività economiche del borgo, tentando di camuffare con le ricchezze, la sua impotenza. Accanto a lui, si muove uno spaccato di società dove attraverso intrighi, vendette incrociate, domina la brama di benessere materiale, che pervade gli altri personaggi. In particolare la Zia Croce e sua nipote Tuzza ma dalla quale non è immune la stessa Mita, che ha accettato spronata da sua Zia Gesa, di sposare il ricco Zio Simone per acquisire una solida posizione sociale.

Se è vero che la gioia di vivere, la spensieratezza della commedia, prevalgono su qualsiasi tipo di complicazione intellettualistica, qui Liolà, il trasgressore delle regole, è l’unico personaggio positivo, mentre gli altri sono interessati, egoisti e gretti. Ma un senso di giustizia lo induce a infrangere le regole della moralità comune, spontaneamente senza rendersene conto.

Il cast, praticamente tutto al femminile, riesce a dare un senso corale senza perdere il carattere di ciascun personaggio, e anzi aggiunge corpo: una sorta di presa d’atto contemporanea di tematiche apparentemente tipizzate ma assolutamente universali: applausi sinceri a Enrico Guarnieri, Roberta Giarrusso, Alessandra Ferrara, Margherita Patti, Alessandra Falci, Sara Baccarini, Giorgia Ferrara, Federica Breci. Vero cammeo quello di Anna Malvica (Zia Croce).

Info: https://www.teatroquirino.it/eventi/liola-2020-02-07/

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