Ci tengo a dirlo: è tempo di donne come lei. Federica Tuzi ha già fatto parlare di sè ben prima del #metoo, proprio su tema “feminism” e compagnia. Un bel cazzotto nello stomaco fu, infatti, il suo Molla i maschi – Inno alla lesbica tardiva (qui il video), un brano delle No Choice (Federica Tuzi + Merel Van Dijk) per ribellarsi alla violenza contro le donne da parte degli uomini: basta col genere maschile. Drastica, netta, ribelle da sempre: dai suoi reading provocatori su tematiche bollenti come il gender, le unioni civili, il desiderio di maternità oltre la biologia, la risposta della contemporaneità alla paura di invecchiare e di ingrassare, l’ossessione per i tatuaggi, fino agli show-performance d’impatto tra monologhi, rap, letture e varie formule di teatro canzone per affermare la propria identità di donna, libera, disinibita, selvaggia.

E adesso arriva un libro, Più veloce dell’ombra, per Fandango.

Un goal preannunciato, visto il premio John Fante per il precedente romanzo Non ci lasceremo mai, e il successo delle sue sceneggiature per i radio documentari su Fox Cult della serie tv Santiago. Anche le lesbiche sono pellegrine.

La narrazione è vivace, una lettura effervescente e brillante, degna di rappresentare, in modo irriverente, la generazione degli anni ’80: “Come immaginereste la vostra vita con un padre che tutti scambiano per Magnum PI e una madre che sembra una Charlie’s Angels, con il sorriso sempre stampato in faccia e la cosa giusta da dire in qualsiasi occasione?”, dice Tuzi. È la situazione in cui si trova Ale, figlia grassottella e sgraziata della coppia ideale, piena di tic e senza un amico, mangiatrice compulsiva perennemente a dieta. Il lancio di una monetina la porterà da Roma a Torino perché l’importante, come dice Magnum, non è decidere bene, ma decidere. E a Torino negli anni Ottanta tutto è grigio, la gente vive in villaggi che sembrano cartonati, nell’epoca dei paninari, degli Henry Lloyd, dei pantaloni a vita alta, del cornetto Algida e dei flipper. Solo che Ale è troppo strana, troppo più strana di tutti gli altri, insegue sempre ragazzine che si chiamano tutte Elena, bionde, magre e perfette, che non vogliono neanche sederle accanto. Alle prese con una nuova città e con bambini tutti più bassi di lei, tenta di barcamenarsi con la madre che, ex ragazzina sovrappeso, è ossessionata dal cibo, predispone una palestra in casa, diventa un guru delle Weight Watchers, delle riunioni di condominio, di qualsiasi luogo dove ci sia bisogno di un angelo del focolare. Ma a casa intanto? A casa Ale trascura il suo cucciolo, Magnum è irriconoscibile e la nonna ha sempre un cambio nell’armadio per quando finirà all’ospedale.

Una lettura decisamente pollitically incorrect, un romanzo di non-formazione di una quasi adolescente nei terribili anni Ottanta, segno indimenticabile di un’epoca di passaggio verso il World Wide Web.

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