E’ vero, dopo aver alloggiato al Faro Capo Spartivento, nella Sardegna sud-occidentale, sembra non valga più la pena di mettersi in moto per cercarne altri, di fari. E invece, non è così: il mondo riserva sorprese incredibili, in quanto ai romantici e trasognatissimi segnalatori marittimi, e il sempre più numeroso pubblico di appassionati può sbizzarrirsi se programmare un pellegrinaggio turistico alla ricerca dei più belli, oppure sceglierne uno, uno solo, cui dedicare quel “vacuus”, quella vacanza (anche interiore) dove cercare e magari trovare nuovi spazi, nuova creatività, al limitare di se stessi, in quel misterioso limbo ambiguo tra la terra e il mare.

E’ forse la pervicace resistenza con cui queste audaci architetture di terra e acqua sopportano la furia delle intemperie, o forse il loro aspetto solitario e simbolico, o lo strano scorrere del tempo, quasi fermo, a creare quel magnestismo capace di sedurre tanti ammiratori. Oppure l’eroismo con cui i fari “restano”, sempre, di giorno e di notte, fedeli guide per ogni navigatore alla ricerca di qualcosa. Sta di fatto che sempre di più si sta sviluppando questa nuova branca del turismo: il lighthouse tour.

Se l’Italia vanta, oltre dicevamo al lussuosissimo Capo Spartivento, i fari di Genova e di Livorno, i più antichi dello Stivale, veri e propri monumenti nazionali da visitare per il grande valore storico e architettonico (la Lanterna di Genova è stata anche prigione), insieme a quello di Trieste, inaugurato da un re, con una delle lanterne più grandi del mondo, in giro per il pianeta si può trovare qualcosa in più: la possibilità di “diventare” faro, soggiornandovi una quota di tempo sufficiente a sospendere, per un attimo, il ritmo stringente del quotidiano. Lasciando allora agli stranieri i nostri bellissimi fari (compresi Cozzo Spadaro, vero gioiello di architettura marittima, conservato in modo ineccepibile dalle cure del farista, e Capo Grecale, a presidio del più bel mare d’Italia), ecco dove puntare la propria rotta oltrefrontiera, e arrivare davvero alla finis terrae di se stessi .

Il faro di Ile Louet, in Bretagna, (carantec@tourisme.morlaix.fr, si consiglia di prenotare almeno un anno in anticipo) è del XIX secolo e si trova su una minuscola isola rocciosa nel cuore della baia di Morlaix. Lo splendido cottage è selvaggio ma accogliente, e promette un tête-à-tête con il mare, vista l’assenza di connessione, linea telefonica, acqua corrente e collegamenti con la terra ferma (ci si arriva solo con una barca di un pescatore). La Croazia invece ha il primato per numero di fari: per cominciare, il Grebeni e lo Savudrija. Il primo, arroccato su uno scoglio, promette una prima colazione panoramica indimenticabile, mentre il secondo, a 20 minuti da Trieste, è più intimo, col suo piccolo appartamento a 30 metri dall’acqua. Ma anche il Palagruza, decisamente il più mozzafiato del Mediterraneo, circondato solo dalle impervie pareti calcaree della scogliera e isolato da almeno 4 ore di navigazione da ogni forma di civiltà. O il Rt Zub, a 13 chilometri da Porec, sulla punta estrema della penisola, col suo appartamento circondato da bellissime spiagge ghiaiose. Infine, il Prisnjak, su un’isoletta dell’arcipelago di Muter, a 25 minuti di navigazione dalla terra ferma. L’Ile Verte Maison Duphare, invece, è in un’isoletta di 45 abitanti del Canada, e guida ancora oggi dopo due secoli i naviganti lungo il golfo di St Lawrence. Le 8 camere sono immerse nello splendore di una riserva naturale. Anche l’Olanda non è da meno e l’Harlingen, nel porto del pittoresco villaggio di pescatori, conserva una deliziosa lanterna art decò che ancora fa il suo mestiere, e 3 lussuose suites. In Norvegia, poi, ci sono il Svinoy e il Molja: mentre il secondo, nella regione dei fiordi, è così arroccato su un minuscolo isolotto che si ha quasi la sensazione di essere spazzati via insieme le fragorose onde del mare, il primo può considerarsi a tutti gli effetti un’esperienza unica nella vita: il faro, infatti, è talmente incastrato tra gli scogli aguzzi, che si riesce a raggiungere solo in elicottero, ma la cosa vale tutta la difficoltà e il costo per raggiungerlo. Infine, la Scozia: il Corsewall, vero gioiello di comfort e lusso, illumina l’ingresso della baia di Loch Ryan dal 1815, lo spettacolare fiordo scozzese, ancora adesso percorso dai traghetti che collegano la Scozia all’Irlanda del Nord.

Che dire ancòra? Se è vero che i costruttori di queste architetture solitarie fuori dal tempo sono pressochè anonimi, “il risultato della loro azione creativa è dirompente, di successo e inventiva – come ha dichiarato Cristiana Bartolomei, uno dei massimi studiosi italiani di fari maritti – e combina la metafisica della gravità e della levità, dell’oscurità e del chiarore, progetto finito dell’infinito. Al giorno appartiene la loro forte presenza a completamento del paesaggio; paradigma di solidità, certezza e dominazione, la loro figura intera testimonia la sfida dell’essere umano sulla natura. Alla notte appartiene l’ignoto della terra e la loro architettura si smaterializza e cede il passo al noto, un fascio intermittente, sfuggente, esile, attaccato, dirompente nel buio e nella solitudine del mare notturno che lascia spazio all’immaginazione e al desiderio di concludere il proprio viaggio”.

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