Cari monogami, chi vi parla è una di voi, dato che interpreto il legame come unico e intrasgredibile, anche quando ne vivo più di uno contemporaneamente. Vorrei però riflettere sul concetto di legame. Intanto, la parola legame: userei piuttosto unione, termine che concettualmente perfeziona la libertà insita nell’amore, invece di risaltare quelli che dell’amore sono i limiti, appunto le catene che ne legano il librarsi.

Partiamo dal presupposto che la monogamia (unico legame, etim.) non esiste, dato che l’essere umano, in qualsiasi epoca e a qualsiasi latitudine, vive rapporti affettivi importanti e vitali contemporaneamente. Non importa prendere come unità di misura il letto: ci sono unioni “bianche” più viscerali di qualunque passione erotica. Ci sono amicizie, affinità elettive, matrimoni non consumati che hanno una potenza attrattiva sulle nostre esistenze ben maggiori di travolgenti relazioni sessualizzate. Quanti di voi sono gelosi di persone di cui avete la certezza non essere amanti del* vostr* partner? Ecco.

Inoltre, dopo i 40 anni, le coppie che non hanno relazioni adulterine non superano, vado a spanne, il 10%. Perchè? Perchè un partner non basta? Ecco, allora dai, parliamo del vero quibus.

Il punto sono i sentimenti e le loro aggettivazioni comportamentali, non la codificazione sociale dei rapporti. Secondo la mia suddetta teoria (la monogamia non esiste ma esiste solamente la sua forma, ossia il matrimonio o chi per lui) ciò che rende una relazione compiuta e realizzata non è la sua codificazione ma la condivisione nel nutrire con dedizione i sentimenti che la compongono: fiducia, amorevolezza, attrazione, cooperazione, mutua assistenza, sincerità, lealtà, ascolto, cura. Sono ingredienti che possono caratterizzare qualsiasi rapporto e non dipendono dal tipo di unione. Declinateli in una relazione clandestina, in un matrimonio o in un rapporto di amicizia: funzionano sempre. Due amici non sono attratti l’un* dall’altr*? Se no, quale sarebbe il collante che li rende inseparabili? Due amanti non si prendono cura l’uno dell’altro?

Arrivo al punto: siamo tutti poligami, ossia detentori di più legami – per restare nell’etimologia, e sarebbe una buona pratica relazionale esserne consapevoli e benevolenti, con se stessi e con *l* partern. Ma se la monogamia non esiste e siamo tutti poligami, se ciò che rende unica una relazione è il valore intrinseco che si riesce a sviluppare tra due individui per il solo fatto di essere esattamente quei due individui lì, proprio quei due, cosa può minare davvero una relazione? Principalmente, come dicevo, il tradimento dei sentimenti che la sostengono: fiducia, amorevolezza, attrazione, cooperazione, mutua assistenza, sincerità, ascolto, cura. Ma sarei ingenua se non considerassi alcune varianti del comportamento umano come la bisessualità e il poliamore.

Lasciando perdere l’adulterio, le relazioni clandestine e fedifraghe, che per loro stessa natura prevedono il tradimento del patto fiduciario tra due persone, ossia la messa a rischio/aggressione del collante della relazione (l’inganno non fa parte dell’amore e delle sue aggettivazioni di cui sopra), non è semplice quando il partner è bisessuale o poliamoroso. Nel primo caso, essendo ovviamente augurabile che una persona bisessuale possa vivere entrambe le sue parti, occorre un partner consapevole, capace di accogliere, comprendere e accettare questo aspetto dell’identità dell’amato, ossia fare i conti con la possibilità di convivere con un* compagn* che ha un relazione importante anche con un’altra persona di sesso diverso.

Con un poliamoroso è ancora più complesso. I poliamorosi, infatti, si definiscono tali soprattutto per l’intimità emozionale con più partner, ma non necessariamente o solamente sessuale. Questo basta già a disorientare un “monogamo classico”: i poliamorosi considerano l’implicito divieto esistente in una coppia di vivere altre relazioni profonde come qualcosa di pericoloso perchè, secondo loro, un divieto affettivo rischia facilmente di rimpiazzare la fiducia con dinamiche di potere e controllo. Per un poliamoroso, i legami affettivi del partner sono arricchimenti alla sua vita e non minacce. All’esclusività il poliamore oppone l’inclusività, alla gelosia quello della “compersione” (neologismo che significa “uno stato empatico di gioia vicariante per la felicità di una persona amata, la quale può trarre la propria gioia dalla relazione amorosa con un terzo soggetto”). Insomma, nel poliamore il non-possesso è la “clausola” secondo la quale si ama una persona.

Per capirci qualcosa e farsi una propria opinione, consiglio La zoccola etica, traduzione della guida The Ethical Slut, scritta dalle due psicologhe statunitensi, Dossie Easton e Janet Hardy. Pubblicato per la prima volta nel 1997, è insieme un manuale, un saggio e una guida rivolta a coloro che nelle relazioni intendono esplorare le infinite possibilità che amore e sessualità offrono al di là dei modelli tradizionali improntati alla monogamia, nel pieno rispetto di sé e degli altri. Un testo di riferimento in cui si discutono i fondamenti ideologici del modello monogamico tradizionale, proponendo una riscrittura e una risignificazione dell’immaginario, un nuovo assetto di idee e termini linguistici, allo scopo di aiutare a individuare la dimensione più adeguata al proprio modo di sentire e a tradurla in pratica nella propria esistenza. Buon divertimento.

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