Vi siete mai suicidati? No, certo: siete qui. Forse però ci avete pensato. O provato. Lo dicono i numeri. Lo dicono psichiatri, ricercatori, psicologi. Che siamo in tanti ad avere pulsioni suicidarie, pensieri di morte. Gabriele Tinti, lui, poeta e scrittore italiano che vanta copie nei maggiori centri di ricerca della poesia internazionale come la Poets House di NYC, il Poetry Center di Tucson, la Poetry Foundation di Chicago, la Poetry Collection di Buffalo o la Poetry Library del South Bank Centre a Londra, ha raccontato questo mondo irraccontabile. Già, perché i suicidi sono condannati da ogni società a qualsiasi latitudine, per non parlare delle religioni. Ribelli per antonomasia, persone “contro”. Borderline. “Distaccandosi improvvisamente dal flusso collettivo della vita – dalla catena continua d’affezioni e d’amore – si isolano ponendosi contro la società, contro la teologia, contro la scienza”, dice l’autore. Il libro si intitola “Las Words” (Skira), ed  è una raccolta di found poems, per “restituire il lirismo degli istanti ultimi”.

Gabriele Tinti, courtesy Sergio Marcelli, 2014

L’angoscia, ma anche l’arte, si leva proprio dalle parole reali, vere, le ultime dei suicidi, che Tinti ha ricomposto in una collettanea, in un unico, lungo, doloroso, commovente, poema della realtà. Disarmante questo epitaffio collettivo (per nulla patetico, ruffian o artificioso), dove le tonalità, diversamente dall’immaginabile, sono cangianti e varie, e si declinano tra l’urlo e la pace, perfettamente in grado di ricalcare e raccontare la complessità terribile della vita. Lo spettacolo della morte che Tinti mette in scena non è disturbante, anche se leggere le parole che anticipano un dramma certo è emotivamente molto impattante.

ANSE-Rat_Poison_Suicide_II_1992

Un autore che è scrittore e poeta, ma qui si fa “regista” delle voci della Rete, perchè, sì, anche lei è una protagonista, trasformando un dramma archetipico in tripudio della contemporaneità: “Last words” è infatti il frutto di un lavoro di ricerca on line. “Queste ultime parole sono state pronunciate, scritte, da persone comuni. Non da attori, non da scrittori, non da personaggi dello spettacolo – spiega Tinti. Mi preme sottolinearlo perché non c’è in coloro che le hanno scritte una riflessione sulla composizione – un’intenzionalità e consapevolezza letteraria – ma c’è – senza mediazioni né appunto il filtro della “Letteratura” – soltanto il puro desiderio di comunicare ancora. Desiderio che si raggruma in un’intensità fuori dall’ordinario proprio perché muove da una solitudine senza scampo”.

Il libro contiene anche gli interessanti saggi di Derrick de Kerchove e Umberto Curi ed è arricchito dalle immagini di morti per suicidio di Andres Serrano tratte dalla scandalosa serie “The morgue”. Da tenere d’occhio dunque questo giovane artista, vanto nostrano che di recente è stato anche invitato a partecipare alla Special Edition Series del SouthBank Centre di Londra.

Leggi su l’Espresso