Si intitola “La parola che non muore“, questo festival, giunto alla sua quinta edizione, voluto dal linguista Massimo Arcangeli, direttore tra l’altro del Festival della Lingua Italiana di Siena. Quattro giorni di full-immersion con intellettuali e artisti di grande spessore a rappresentare l’Italia che resiste e si rinnova, che rifiuta di scivolare nel fango dell’ignoranza e allora si reinventa, si rifonda, sfoderando tutta la forza che erutta dal pensiero divergente e ripartendo da capo, imparando di nuovo a pensare, a immaginare, a creare.

Dal 27 al 29 settembre 2019, in un luogo magico e misterioso insieme, capace di rappresentare le ambivalenti meraviglie di un’Italia straordinariamente vivida, Civita di Bagnoregio, va in scena “La differenza, la (bio)diversità, la memoria”, una riflessione sulla cultura da salvare, una cultura intesa come insieme di peculiarità e differenze, appunto “bio”diversità. Parole da salvare, pensieri da salvare, ma anche immaginari da rifondare.

Per questo anche la mia presenza, come fondatrice e direttrice della prima Scuola Europea delle Scritture, Writers Factory, dedicata all’intellettuale e scrittrice visionaria americana Ursula Le Guin, e con Arcangeli presenterò il mio ultimo romanzo, “Mia” (Castelvecchi 2019).

Un Festival gemellato con la Festa di Scienza e Filosofia di Foligno, con Feste Archimede di Siracusa, col Festival del Pensiero di Stornarella, con Borgo dei Libri di Torrita di Siena, con Anticontemporaneo di Cassino e con Parole in Cammino di Siena, e in collaborazione con la Società dante Alighieri e il sostegno di Zanichelli, Mondadori Edu e Aracne.

Del resto, il comitato scientifico voluto dai tre direttori artistici, Massimo Arcangeli, Raffaello Palumbo Mosca e Giancarlo Liviano D’Arcangelo, è una sorta di Olimpo in terra: Edda Cancelliere, Milton Fernàndez, Riccardo Gualdo, Pierluigi Mingarelli, Mario Morcellini, Carlo Pulsoni, Davide Rondoni, Ottavio Rossani, Gino Troli.

Civita invece non ha bisogno di parole: perfino il “New York Times” ne ha raccontato la capacità suggestiva, con le sue erosioni dal basso, con le sue magiche e rarefatte prospettive aeree, con i suoi “ponti” quasi sospesi nel tempo e nello spazio. Un luogo ideale per avviare riflessioni e letture fra narrativa e poesia, cinema e saggistica, lavoro critico ed esperienza personale.

La parola che non muore, che si svolge sotto la direzione artistica di Massimo Arcangeli e Raffaello Palumbo Mosca, parte dalla necessità della conservazione della memoria libraria e della memoria poetica che prende a modello proprio la Commedia di Dante, simbolo di una poesia universale che continua a parlare, in tante lingue disseminate per il mondo, a milioni e milioni di lettori: “La memoria poetica – spiega Arcangeli – ultimamente al centro di un animato dibattito sulla presunta morte dell’oggetto sul quale si fonda e si esercita, sarà chiamata innanzitutto in causa dalla quarta edizione del premio dedicato ad Annibal Caro poeta, che vedrà premiato, da una giuria di qualità, il miglior libro di poesia uscito fra il luglio del 2018 e il giugno del 2019. Quanto alla memoria libraria, nel corso della manifestazione si metterà a disposizione per un mese, per un poeta, uno scrittore, uno studioso,  un artista o altro, la Casa d’artista (e del libro) perché si trasformi in una residenza per l’ospite che vi sarà accolto perché ne faccia, durante il suo soggiorno, luogo di ritiro, di concentrazione, di riflessione per il suo lavoro. Chi deciderà di volerla abitare per quel mese avrà un attestato di merito per aver reso un servizio alla cultura libraria e alla circolazione delle idee”.

Il programma a giorni sul sito.

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