Empowerement delle donne e, soprattutto, stop al piacere femminile al servizio di quello maschile. Sono le parole d’ordine dello Skirt Club, fondato a Londra nel 2014 da Genevieve LeJeune e oggi presente in 15 paesi sulla terra.

Comunità per sole donne bisessuali (o bi-curiose), “E’ la prima iniziativa al mondo che dà visibilità all’orientamento sessuale bisessuale femminile“, mi spiega Genevieve LeJeune.

Adesso, finalmente, c’è n’è anche per l’Italia, dato che pochi giorni fa, a Firenze, si è tenuto il primo party e che l’11 giugno, in occasione del Pride LGBTQI+, arriverà anche a Roma (poi a luglio la volta di Milano): dove? Come? Top secret fino a pochi giorni prima, come sempre. Per partecipare, infatti, occorre diventare membri (membre!), compilando il form nella speranza di essere accettate.

Genevieve LeJeune al party presso “Il Locale” di Firenze. Ph. Ornella Mercier 

Da cosa dipende? Occorre essere donne, bisessuali (o bi-curiose), femminili.

Nessuno spazio dunque per le lesbiche butch? (Chiedo, tremando all’idea di terrificanti shit storm a contrastare evidenti discriminazioni e atteggiamenti politically uncorrect): “Si troverebbero male, perchè le membre del nostro club sono principalmente bisessuali, o lesbiche femminili, quindi il loro immaginario non contempla le donne mascoline. Sarebbero escluse e marginalizzate“.

E le donne trans? “Se hanno completato la transizione, certamente, basta che si definiscano bisessuali. Abbiamo trans-women nella nostra membership, soprattutto statunitensi e inglesi“.

Al club usano la scala Kinsey, ossia considerano l’orientamento sessuale uno spettro che va da 0 a 6, del tutto fluido: “Le donne non si dividono tra lesbiche e eterosessuali. Ci sono appunto le bisessuali e, soprattutto, le bi-curiose, il must dei nostri party, spesso donne in carriera sposate e con figli“.

Dato che non si può parlare di Roma, raccontaci di Firenze: “Non immaginavo una richiesta così numerosa! C’è moltissimo pubblico lì, torneremo presto con altri eventi!”. Certamente il merito va anche alla performance di Marie Sauvage, definita dalla stampa la femminista dello shibari, tra le poche artiste a praticare in pubblico la disciplina giapponese (la sospensione del corpo attraverso le corde), performer di culto assoluto dopo il successo dei suoi Salon parigini.

Maria Sauvage, photograph by @lasciviousexposed. Los Angeles, 2019.

Lo Skirt Club conta oltre 18.000 membri in tutto il mondo, e Genevieve LeJeune può dirsi influencer mondiale che incoraggia le donne a mettere i propri desideri al primo posto. Nata in Inghilterra, cresciuta a Hong Kong, Genevieve ha vissuto in tutte le principali città del mondo, con una carriera nel marketing finanziario, per poi sposarsi e stabilizzarsi a Miami:

“E’ allora che ho deciso di mollare tutto e di dedicarmi a questa che percepisco come una missione: dare un immaginario alla comunità di donne bisessuali, liberare le donne dalla frustrazione di un piacere vissuto in funzione dei propri compagni o mariti, portare le donne dentro al privilegio e al lusso, goduti per secoli dagli uomini, fino a creare una sorellanza talmente potente da costruire una fiducia reciproca a partire dalle lenzuola, per poi declinarla in una sala di consiglio”.

I nostri complimenti a Genevieve LeJeune per far luce su quella che spesso è una B silenziosa in LGBTQI+, per riscrivere in questo senso l’immaginario (anzi costruirlo da zero), per aver creato una comunità sicura in cui le donne possono condividere i loro pensieri, emozioni, sensazioni e sentimenti su questo orientamento sessuale quasi sempre ignorato. Soprattutto alla luce di questa fluidità che oggi sembra il nuovo slogan della libertà sessuale, e che i numeri di Skirt Club sembrano confermare alla grande.

Offriamo qualcosa di davvero nuovo, privato e completamente anonimo. Skirt Club vuole dare potere alle donne, renderle più sicure di sé tra le lenzuola e nella carriera. È questo il nuovo femminismo“.

In effetti, a Firenze è stato un party alla Eyes wide shut, tutto molto sussurrato, fino all’ultimo, con una folla creata solamente da passa-parola. Regole ferree? No foto, no stampa, 80 euro in tasca, e niente camere chiuse a chiave.

È un’occasione per fare nuove conoscenze – dice una ospite del party fiorentino – il maschilismo qui dentro non entra“.

Ed ecco che il format underground, tra pizzi, burlesque, stripper etiche, performer femministe e letti giganti conquista la penisola, raccontando un’Italia non poi tanto bacchettona. Per saperne di più, ecco il documentario di Skirt Club.

Foto di copertina: Nick Holmes

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