Se Renzi mai riuscisse a incassare il goal promesso alla società civile di portare a casa le civil partnership alla tedesca, che prevede anche la strepchild adoption, ossia la possibilità di adottare il figlio avuto dal partner dello stesso sesso, l’Italia avrà fatto il suo super carpiato. Prendere atto della mutevolezza nella composizione della società, e del fatto che i paradigmi che per tanto tempo hanno descritto le nostre famiglie, i nostri desideri, le nostre aspirazioni sono mutati è un segno di grande evoluzione culturale ed è giusto che la politica e la giurisprudenza rispondano sollevandoci dall’imbarazzo di restare seduti in panchina mentre il mondo gioca la sua partita con la storia.

Non sono quindi d’accordo con chi lamenta il vuoto nel bicchiere mezzo pieno dell’obiettivo di Renzi perché ogni vuoto può essere riempito. Mi spiego meglio. Qui non si tratta di una discussione di principio, o non solo. Si tratta di correre ai ripari in quella guerra contro il tempo che se non ci si sbriga si rischia di perdere miseramente. Si tratta di precipitarsi a difendere il diritto dei “nuovi figli”, ossia dei bambini nati con la fecondazione assistita (di solito all’estero), ad avere per genitori coloro che li hanno voluti. Più facile per le coppie eterosessuali sterili, finora impossibile per quelle omosessuali. Questi nuovi figli non sono un concetto ma esseri umani già esistenti, che abitano in una casa con chi li sta tirando su, che hanno amici e vicini, una vita nei parchi del quartiere delle loro città e negli asili, che stanno imparando a camminare o che già frequentano le scuole (in Italia i più grandi sono adolescenti). Sono persone cui non è riconosciuto uno dei due genitori. Non solo, la stessa urgenza c’è per la tutela del genitore non biologico, ad oggi riconosciuto dal nostro paese soggetto assolutamente estraneo al bambino (non può occuparsi attivamente del figlio, portarlo a scuola, assisterlo in ospedale, continuare a fargli da padre/madre nel caso in cui il genitore naturale venisse a mancare, o lasciare in eredità i suoi beni).

Insomma, il punto è che i diritti messi in campo da Renzi, anche se non sono pieni, anche se è vero che creano una volgare divisione sociale tra cittadini e genitori di serie A e di serie B, di fatto soccorrono più di centomila bambini con le loro famiglie omoparentali, e di questo pronto soccorso c’è assoluta urgenza perché vivere senza diritti non è vivere una vita compiuta.

Ecco dunque che si prospetta un’Italia almeno parente delle grandi capitali europee e non solo, quelle che da Madrid a Parigi, da Amsterdam a Berlino, da Bruxelles a Londra, da Copenaghen a Helsinki e Stoccolma, fino a Toronto e Atene, hanno da tempo ascoltato e fatto propri gli studi dell’American Academy of Pediatrics o dell’American Association of Child and Adolescent Psychiatry (tanto per citare alcune delle più importanti associazioni scientifiche internazionali) che rassicurano sulla genitorialità omosessuale. Tra l’altro, anche da noi ci si è pronunciati favorevolmente, dall’Associazione Italiana di Psicologia, al Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi Italiani, e recentemente si è esposta anche Annamaria Falasconi dell’Associazione Culturale Pediatri, e studiosi italiani come Prati, Pietrantoni, Lingiardi, Baiocco, etc, potrebbero finalmente levare i calici e festeggiare un paese capace di ascoltare, dialogare e cambiare. Certo, piano piano, forse troppo timidamente, ma di sicuro crescendo. E si sa, ogni grande cambiamento comincia da un piccolo passo.

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