E due. Dopo Ocean’s 8, ecco un altro film con un quartetto di donne tostissime alle prese con un colpo grosso. Questa volta le star non sono le stratop Cate Blanchett, Anne Hathaway, Helena Bonham Carter e Rihanna, ma altre quattro attrici che vale la pena vedere recitare: Viola Davis (due candidature Oscar come migliore attrice), Cynthia Erivo, Elizabeth Debicki, Michelle Rodriguez (trailer).

L’intreccio, una sorta di heist-movie sociologico al femminile, è riuscito: Veronica Rawlins, nera, è sposata a Harry, bianco, e con lui ha una relazione sensuale e appassionata, forse anche per un grande dolore che la vita li ha costretti ad affrontare insieme. Harry organizza un colpo ai danni del gangster nero Jamal Manning, ambizioso e freddo, che vuole entrare in politica, ma l’operazione finisce in tragedia. In una violenta esplosione, Harry muore con la sua banda e anche il malloppo brucia tra le fiamme. Le widows, le vedove dei tre uomini, hanno perso tutto: ognuna dipendente economicamente dal proprio marito, si ritrovano sole e con figli piccoli. Veronica, l’unica a cui il marito ha lasciato una bella auto e un lussuoso loft, è perseguitata da Jamal, che rivuole i suoi soldi. Una volta entrata in possesso del taccuino segreto che Harry si era premunito di farle avere in caso di guai, decide di fare di testa sua: invece di consegnarlo a Jamal e saldare il debito del marito, restando così vittima, ricattabile e senza niente in mano, raduna le altre due vedove, Linda e Alice, e, anche con Bele, babysitter dei figli di Linda, organizza la rapina seguendo strategie e mappe del taccuino.

Centoventotto minuti di suspance d’autore, con personaggi femminili torcibudella per intensità, carisma e temperamento interpretativo, tanto da oscurare attori del calibro di Liam Neeson, Colin Farrel, Robert Duvall, il fichissimo Jon Bernthall, e gli altri. Ma a fare da protagonista non è solamente la trama, che pure vanta una sceneggiatura da scuola (Steve McQueen, Gillian Flinn e Lynda La Pante): piuttosto lo sguardo di Steve McQueen. La ricchezza e la profondità drammaturgica infatti riescono di fatto raccontare una doppia storia. In filigrana c’è una storia di donne, del modo femminile di stare al mondo e di interpretare la vita, di muoversi nell’esistenza che si distanzia in modo siderale dall’avidità e dalla freddezza dei maschi, pur compiendo le loro stesse azioni (rapine). L’ultima frase del film, pronunciata da donna a donna, è: «Come stai?». Dice tutto. Come pure, all’acme della tensione drammatica: «Se va tutto a puttane voglio che i miei figli sappiano che non sono rimasta con le mani in mano». Donne che reagiscono ed agiscono non per brama, non per rinforzare un sé egoico, ma per darsi una nuova opportunità di vita, per garantire un futuro ai propri figli, per costruire biblioteche di quartiere, per diventare libere e autonome. Il messaggio, c’è. La presa di posizione anche.

Non mancano pennellate di pura regia, come l’inizio in montaggio alternato tra la violenza dei corpi crivellati e la passione sessuale tra Veronica e Harry. O la rappresentazione dell’urbanistica del distretto, pura potenza espressiva. Per non parlare dei primi piani sul predicatore nero, abile imbonitore di folle interpretato con rara intensità da John Michael Hill. Perfino il sadismo raggelante dei sicari (che non ha nulla del manierismo del pulp e che in America ha avuto il codice di censura R, che impedisce ai minori di 17 anni di entrare senza l’accompagnamento dei genitori) è usato in parallelo con i colpi esplosi dalle nostre eroine per sottolineare la differenza di genere nell’uso della violenza: mai senza senso, mai a caso, mai morboso. Le donne sparano per salvarsi l’un l’altra, per difendersi, per fare giustizia. Il film di McQueen è tratto da una nota miniserie tv inglese del 1983 e dal suo spin-off nel 1995 (She’s Out): era l’esordio come autrice di Lynda La Plante, firma del più importante poliziesco televisivo britannico, da sempre impegnata a raccontare donne forti, buone o cattive non importa, per rappresentare la condizione femminile, sia dal punto di vista sociale sia da quello privato. Il regista ha voluto per questo che la protagonista non fosse bianca ma nera e coi capelli non lisciati, e che la città non fosse Londra ma Chicago: tutto doveva fare emergere la forza della femminilità, il coraggio dele donne.

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