Manager e dipendenti imparano a correre come gesto solidale, come un modo per sviluppare valore partendo da sé, stimolando al tempo stesso l’azienda a fare volontariato.

Il benessere della persona va di pari passo con il successo personale e professionale. E questa è la base di partenza di tutte le attività di Athlion for People, un’azienda che ha legato in modo indissolubile le proprie sorti allasostenibilità sociale. A capo c’è Alessandro Tappa (nella foto), amministratore unico, che organizza corsi di formazione, mental coaching e training basati sulla preparazione per affrontare mezze maratone e maratone: a ingaggiarsi sono quei dirigenti e quegl’impiegati che non vogliono soltanto imparare a correre, a diventare runners, a occuparsi della propria prestanza fisica e mentale, ma anche sostenere la Onlus Sport Senza Frontiere, in prima linea per includere i bambini poveri nella società.

Stiamo dunque parlando di un’attività perfettamente in linea con la riforma del Terzo settore, che invita le aziende e le multinazionali a fissare una quota di profitto per la donazione a progetti con ricaduta sociale su cui le detrazioni fiscali sono importanti.

Alessandro Tappa però si è anche spinto un passo avanti, appunto costruendo il suo business sul progetto stesso di solidarietà: «I corsi di team building sportivi e di formazione esperienziale che facciamo nelle aziende insegnano a manager e dipendenti non solo a correre ma a correre come gesto solidale, come un modo per sviluppare valore partendo da sé, stimolando al tempo stesso l’azienda a fare volontariato».

Ecco che dirigenti e dipendenti, insieme, diventano runner solidali e attivatori di fund raising: dopo un accurato allenamento, arriva il giorno della gara, quando indossano, tutti insieme, la maglia con il logo aziendale e quello di Sport Senza Frontiere. «Il percorso è molto particolare», spiega Tappa, «perché segue i partecipanti sia da un punto di vista atletico, con i nostri nutrizionisti e medici sportivi, sia da quello psicologico e mentale, con un coinvolgimento etico e una presa di responsabilità sulla collettività nella quale viviamo. Non si può essere persone realizzate se non si percepisce il proprio valore non solo come lavoratori e come esseri umani, ma anche come cittadini e membri che appartengono a una comunità. Tutto questo fa molto bene all’empowerement del singolo ma anche allo sviluppo dell’azienda e all’intera società. Credo che con la crisi socioeconomica italiana sia sempre di più necessario che i progetti non siano solo commerciali e che siano capaci di sviluppare risorse non soltanto in termini di ricchezza monetaria. Se la mission di ogni azienda diventasse quella di sviluppare valore anche in termini di ricaduta sociale sulla collettività, può veramente innescarsi un’importante controtendenza. Le aziende possono contribuire a riscrivere il destino del nostro Paese».

Insomma, l’idea è che le imprese chiedano un percorso di formazione, dove i propri dipendenti non solo imparino, in un contesto sportivo, tutte le regole utili poi anche al lavoro (la competizione senza slealtà, l’aiuto reciproco, l’allenamento costante), ma, impegnandosi in questa operazione di team building, contribuiscano attivamente a un progetto di solidarietà. Più semplice di quanto si pensi.

Intanto, per mettersi nel giusto stato mentale, nella gallery, qualche libro per runner «sensibili».

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