Tenetevi forte. Il 9 dicembre alle 17, al Caffè Letterario a Roma, va in scena una performance su sessualità e disabilità per lanciare il crowdfounding del primo progetto teatrale italiano che porta sul palco attori disabili e non su un tema universale: la sessualità e i suoi tabù. “Una pièce per riflettere e far riflettere sulle nostre disabilità sessuali a partire dalla spontaneità di ciò che gli attori disabili raccontano“, spiega Suzana Zlatkovic, presidente del’Associazione Anticorpi che gestisce il progetto Teatro Buffo, ideato e voluto dalla Zlatkovic e promosso dalla cooperativa sociale Spes contra Spem come risposta alle esigenze di integrazione, socializzazione e divertimento al di fuori dello spazio domestico delle due Case Famiglie dove vivono gli attori disabili a breve di nuovo in scena.
La serata alternerà proiezioni video che raccontano punti di vista diversi sulla Compagnia a momenti di dialogo e scambio con la regista/coreografa Teresa Farella e la Zlatkovic, mentre incursioni performative pop-up degli attori preannunciano il cuore dello spettacolo che si andrà a finanziare. Stiamo parlando di una sorta di “teatro del vero”, ossia un lavoro di strutturazione di ciò che effettivamente accade durante gli incontri prodromici alla messa in scena. “Per me è importante non nascondere le persone, le loro anime e i loro corpi – spiega la regista – anzi, all’opposto, dare rilevanza a ciò che nelle pieghe dell’improvvisazione è poetico e universale, e che può quindi dare senso e significato non solo alle nostre varie sessualità, ma all’esistenza stessa“. Non si parte dunque da copioni o sceneggiature, ma si trasforma l’improvvisazione in composizione, arrivando a una pièce che di fatto è pura narrazione di ciò che è. Difficile vedere in teatro qualcosa di più potente.

Il progetto Teatro Buffo nasce più di dieci anni fa dall’esperienza personale della Zlatkovic, operatrice al servizio di persone disabili ospitate in Casa Famiglia, e dalla sua determinazione nel voler creare uno spazio neutro, senza medici, psichiatri, neurologi, assistenti: “Uno spazio dove sperimentare la possibilità di una relazione alla pari. Lo strumento per realizzare questa visione è stato quello dell’espressione artistica”. Negli anni, la compagnia si è rivelata una potente esperienza espressiva e di realizzazione di sé, non solo per i disabili, spiega Zlatkovic, che di fatto ha il grande merito di aver aperto il teatro alla disabilità e ammorbidito quel limite culturalmente invalicabile tra chi sta di qua e chi di là. “Abbiamo un bel po’ di spetacoli all’attivo – sorride – e portato in scena già molti temi, scelti partendo dalle emozioni in circolo nella Compagnia, poi elaborati dalla competenza artistica di un regista per essere presentati al pubblico”.
Otto persone sul palco, sei attori (disabili e non) e due danzatori, sotto la regia della regista-coreografa e la supervisione di una coordinatrice, pronti a competere nella sfida delle sfide: raccontare la sessualità della disabililità. Disarmente il risultato: chi sono i disabili? “Il sesso è un tema scomodo, imbarazzante, perverso, e a noi piace scomodare, imbarazzare e imperversare”, dichiara la presidente, ben consapevole del fatto che nel caso delle persone con disabilità la sessualità è semplicemente negata.
Uno spettacolo irriverente ma non morboso nè disturbante o provocatorio. Uno spettacolo semplicemente umano. Toccante. Commovente. Come può commuovere spingersi dentro di sè fino a toccare i propri limiti, quelle paure che ci costringono a un passo dalla nostra libertà.
Venite numerosi dunque il 6 dicembre, e donate: con il crowdfounding (sostieni) si potrà aiutare la Compagnia a lanciare un progetto di grande impatto culturale, artistico, sociale, e a contribuire a fare evolvere l’immaginario asfittico che ci separa dalle nostre disabilità, che confonde negazione con libertà. “Vogliamo rendere partecipi tante persone, creare una rete di sostenitori e di forte seguito intorno al nostro progetto teatrale. E’ una cosa che ci è sempre mancata nel nostro percorso, avere un’autonomia economica maggiore, retribuire le competenze messe a disposizione da parte di tutti noi nella realizzazione del progetto, avere i fondi per affittare un teatro, comprare i costumi, realizzare un video promozionale e fare un viaggio, possibilmente all’estero per far vedere il frutto del nostro lavoro. Non conduciamo battaglie ma seminiamo anticorpi, ovunque, anticorpi contro la paura”.