Teatro e cronaca nera. Nerissima. Stiamo parlando dell’omicidio Varani, il più spaventoso caso avvenuto a Roma negli ultimi anni, e il focus del regista e sceneggiatore, il giovane Giovanni Franci, si concentra sulla ricostruzione degli avvenimenti di quel tragico marzo 2016 e sui sentimenti che quel fatto ha aperto nelle coscienze di tutti, con scenari tra i più allucinanti e disturbanti che la cronaca ricordi.

Manuel, un ragazzo di ventinove anni, studente fuori corso di Giurisprudenza, eterosessuale, è in macchina con suo padre che non può fare a meno di notare che quella mattina suo figlio sia particolarmente taciturno. Manuel, con estrema calma, racconta di essere in quello stato perché ha fatto uso di cocaina e di avere compiuto un omicidio insieme ad un suo amico, aggiungendo che il cadavere della vittima è ancora in casa sua. Il padre inverte la guida in direzione di Roma, mettendosi immediatamente in contatto con l’avvocato di famiglia.

Nell’appartamento di Manuel, al Collatino (periferia est di Roma), i carabinieri trovano il corpo massacrato di un ragazzo di 23 anni, si chiamava Luca, veniva da La Storta (periferia nord di Roma). Manuel ammette subito la propria responsabilità in quel crimine ed indica come suo complice Marco, un ragazzo di trent’anni, laureato con master all’estero, organizzatore di feste, di aperitivi, grande fan di Dalida, omosessuale. Marco viene trovato in una camera d’albergo dove ha messo maldestramente in scena un tentativo di suicidio sulla falsariga di quello di Dalida, con “ciao amore ciao” cantata da Dalida a tutto volume come colonna sonora. Manuel e Marco dichiarano di aver attirato la vittima in quell’appartamento perché avevano intenzione di fare del male a qualcuno e di aver torturato Luca fino alla morte, sopraggiunta soltanto dopo due ore di sevizie indicibili, semplicemente perché avevano voglia di vedere l’effetto che fa.

La pièce teatrale L’Effetto che fa, dal 2 al 7 aprile all’OffOff Theatre di Roma, è un ritorno attesissimo, dopo il grande successo di pubblico e critica. In scena tre attori under 35, coetanei dei veri protagonisti della storia,Valerio Di BenedettoRiccardo PierettiFabio Vasco: bravissimi. Questo spettacolo è un grido – dice il regista, in scena si avrà l’impressione di assistere a un processo impossibile da chiudere con una semplice sentenza, perché esso è destinato a restare aperto per sempre, nella nostra memoria, nelle nostre coscienze. I protagonisti chiamati in causa sono cinque: Luca, un ragazzo di ventitré anni, la vittima, l’agnello sacrificato a niente, è lui a condurre il processo, a combattere contro chi, dopo la sua morte, invece di chiedersi chi fosse Luca, s’è chiesto soltanto che cosa ci fosse andato a fare Luca in quella casa. La seconda protagonista di questa storia è Roma, all’epoca dei fatti, Roma è una città senza sindaco, invasa dai topi, sommersa dal guano, una città in cui è stato coniato un nuovo appellativo al termine mafia, in cui è stato indetto un Giubileo straordinario – il Giubileo della Misericordia. Una città di rovine, in rovina. In cui il fascismo ha finalmente compiuto la sua parabola: non essendo mai riuscito ad essere un’ideologia, è diventato un atteggiamento. Poi ci sono Manuel e Marco, che ha vip e politici in rubrica e che sogna di cambiare sesso. La quinta protagonista di questa storia è la cocaina, circa milleottocento euro di cocaina. A fare da sfondo, come immancabilmente si verifica in questi casi, soprattutto in Italia, abbiamo due sacre famiglie, perbene, completamente ignare del fatto che in seno a loro, fosse germinato e stesse per esplodere il seme della violenza. Agli spettatori non chiederemo di giudicare, ma di provare a capire, di provare a dare un senso a tutta questa follia e una ragione a tutto questo odio. Probabilmente, sarà impossibile, ma sono sicuro che un’operazione del genere non sarà inutile.  In teatro, il muro invisibile che separa la platea dalla scena, che allontana gli spettatori dall’azione scenica, viene definito “la quarta parete”. Ecco, per una volta vorrei che questa quarta parete non fosse fatta di mattoni, ma di specchi“.

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