Contagiosa. Questa mostra è contagiosa, e non solo per i fanatici del pop, del camp e del kitsch o dei manga, ma proprio per tutti, sempre che si sia stati, almeno una volta in gioventù, amanti di un cartone animato giapponese. Ovvio che parliamo degli anni Ottanta e Novanta, l’età d’oro di L’incantevole Creamy, Magica Emi, Sandy dai mille colori, Lulù l’angelo dei fiori, Ransie la strega, Magica Doremi, Sailor Moon ecc.
Stiamo parlando della mostra, appena inaugurata a Modena, Parimpampùm. Le bambine magiche nelle figurine, che resterà esposta fino a metà luglio. Bella anche la location, Palazzo Margherita, dove le curatrici, Francesca Fontana e Thelma Gramolelli, approfondiscono uno tra i più importanti temi narrativi che hanno caratterizzato il boom dell’invasione degli anime in Italia: «Da album e figurine risalenti agli anni Ottanta e dai gadget coevi – spiegano – emerge l’importanza delle mahō shōjo, ragazze magiche che assumono sembianze diverse per affrontare piccoli e grandi problemi quotidiani».
È proprio in quegli anni, infatti, che i cartoni animati provenienti dal Paese del Sol Levante cominciano a popolarsi di mahō shōjo, fatto rilevante se si pensa che in quella generazione le ragazze giapponesi sarebbero diventate le donne emancipate del girl power degli anni Novanta, tra tematiche sentimentali e componenti fantasy.
«Queste eroine coraggiose – aggiungono le curatrici – compiono quasi sempre un percorso iniziatico che alla fine le porta a raggiungere una nuova consapevolezza di sé e delle proprie capacità». Il fenomeno è stato talmente potente che perfino gli Stati Uniti si ispirarono alle mahō shōjo giapponesi e cominciano a produrre cartoni animati – come JemLady Lovely – ispirati a linee di bambole (anche se in un processo speculare al Giappone, dove era invece il merchandising a ispirarsi ai cartoni).
Parimpampùm ha l’obiettivo non solo di divertire ed emozionare attraverso la memoria, ma anche di far luce su un particolarissimo archetipo di favole, miti e leggende capace di raccontare modelli universali, riconoscibilissimi da chiunque in ogni epoca e ad ogni latitudine. Ed ecco che, ad esempio, la piccola Yu di L’incantevole Creamy del 1983, trasformandosi nell’affascinante teen-idol Creamy (appunto con la formula “parimpampùm”), inaugura quel filone di eroine specializzate nel combattere il male in assenza di leadership maschile, che si declinerà nelle saghe di Magica Emi, Sandy dai mille colori, Bia, la sfida della magia, Lalabel, Lulù l’angelo dei fiori, Ransie la strega, Magica Doremi, fino a Sailor Moon e Card Captor Sakura.
Singolare anche il catalogo, che ricorda gli album di figurine, con testi delle curatrici Francesca Fontana e Thelma Gramolelli (ogni visitatore riceverà in omaggio una bustina contenente 6 figurine numerate, collegate ai rispettivi spazi vuoti sul catalogo), o la sezione complementare al Museo della Figurina, dove si potranno vedere un nucleo di giornalini femminili che vanno da inizio Novecento agli anni Cinquanta, provenienti dall’ampia collezione Tagliavini-Roccatagliati, donata al Museo della Figurina nel 1999: «Tenendo conto del contesto storico e sociale – spiegano Fontana e Gramolelli – è interessante notare come le direttrici delle testate, pur in un clima di valori tradizionali e cattolici, rimarchino frequentemente come anche per le donne sia necessaria una solida istruzione, strumento essenziale per la formazione di uno spirito critico e primo requisito per la conquista dell’emancipazione».

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