Magrissima, piccolissima, rasata in testa, la coreografa Dada Masilo ha conquistato mezzo mondo, ritenuta dai critici internazionali il fenomeno della danza contemporanea. Ho avuto la fortuna di vederla fendere l’aria all’Auditorium Parco della Musica di Roma, il 13 novembre, e devo dire che sono rimasta colpita per la capacità di fusione dei tanti vocabolari di questa arte, capacità che è riuscita a compiere l’alchimia delle alchimie, mettere insieme l’olio e l’acqua: Stravinsky (La sagra della primavera) interpretato con la danza Tswana, originaria del Sudafrica e del Botswana.

Lo spettacolo si chiama The Sacrifice, ispirato da Le Sacre du printemps di Pina Baush, e mixa classico e contemporaneo, mettendo in scena quindici danzatori e danzatrici, zulù e bianchi, e tre musicisti dal vivo, che catapultano l’originale rito propiziatorio stravinskyano dalla Russia arcaica all’Africa. Uno shock culturale, artistico, cronologico.

Siamo nel bel mezzo dell’era della fluidità, non c’è che dire, e non credo a chi dice che si tratti di una nuova decadenza, piuttosto invece di una rivoluzione a 360 gradi che parte dall’arte e dall’immaginario ma che sta declinandosi ineluttabilmente anche nella nuova restistenza politica planetaria, di cui noi rewriters siamo testimoni e attori. I corpi, velati e poi nudi, sono imperfetti, quasi un richiamo al body positivism, mentre il genere maschile-femminile si confonde, come tutto è confuso, Nord e Sud del mondo, riti, tradizioni, archetipi. Un ballo ritmico e espressivo.

Vederla all’opera in scena è un’esperienza estetica inconsueta, con quei passi piccoli e intricati, elegante pur nell’apparente disordine dei movimenti, che alludono a quelli dei piccoli animali, improvvisi e veloci. Potente, Dada Masilo, soprattutto quando domina il palco, un’energia biografica, forse: a 12 anni la madre la lascia per lavorare e portare i soldi a casa, sperando che la bambina possa avere una vita migliore della sua. Ha detto: “Quella compassione di una madre per una figlia ha voluto dire rinunciare alla famiglia, agli affetti, a ciò che ami, ed è un sentimento complesso, che ti colpisce dopo, quando ti dici: avrei potuto passare più tempo con lei. The Sacrifice è un lavoro di amore che ho fatto per mia nonna».

A 19 anni, Dada Masilo è stata presa ai Performing Arts Research and Training Studios di Bruxelles e nel 2008 ha ricevuto il prestigioso Standard Bank Young Artist Award for Dance. Da lì è partita in tutta Europa, Nord America e Asia, con i suoi spettacoli, Romeo and Juliet (2008), Carmen (2009), Swan Lake (2010), Giselle al Dansenshus (2017), ricevendo una nomination per un Bessie Award, il Danza&Danza Award per la Migliore performance del 2017 e il Prince Claus Next Generation Award 2018.

The Sacrifice è nato durante il lockdown 2020, mentre in molti perdevano amici, parenti, conoscenti. Masilio è partita da un lavoro biografico con i danzatori e i cantanti dello spettacolo: “Scrivi 5 cose che potresti sacrificare” o “5 cose che ti piacciono o non ti piacciono di te”, racconta, e da lì è fiorita la ricerca del bello insito nei sentimenti di pietà e compassione.

La Tswana è anche una etnia del Sudafrica meridionale e del Botswana, gruppo originario di Rustenburg, la città da cui viene la famiglia della coreografa e per lei è stato un percorso di riappropriazione delle origini, anche se non è un ballo che conosceva, studente da sempre di danza contemporanea. Nelle sue dichiarazioni ha infatti spesso sottolineato l’impegno costato a tutti i danzatori e le danzatrici per imparare movimenti non familiari ai loro corpi, soprattutto nell’assimilazione del significato rituale dello Tswana, utilizzata nelle affabulazioni per le guarigioni.

Non resta che vederla: il 17 al Teatro Ariosto di Reggio Emilia e il 23 al Teatro Grande di Brescia!

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