Da qualche mese è uscito “Le attitudini” per Guida Editori, un piccolo libro di poesie d’amore, dedicato alla figlia, Stella Sofia, “Voce e silenzio”. Elisabetta Stefanelli, caporedattore cultura all’Ansa, non è penna di primo pelo: dopo aver collabrorato per alcuni programmi di cultura della Rai, curato l’antologia Eros Italiano (Mondadori) e la pubblicazione delle opere di Vittorio Imbriani e Ippolito Nievo, pubblicato le sue poesie su diverse riviste, nel volume Nuovi poeti italiani (Einaudi) e in antologie come quella monotematica al femminile Poesie d’amore (Newton Compton), adesso fa un passo “oltre”, e si mette a camminare sul bordo dell’abisso. Già, perchè scrivere poesie d’amore oggi non è facile, in una contemporaneità frenetica che consuma e non ascolta, che saltella piuttosto che soffermarsi, che ingoia senza masticare, e che, quando si posa, è per fare vuoto.

E invece l’esperimento riesce eccome, e i suoi versi ci portano in un altrove senza tempo e denso, un luogo fatto di pieni e di sostanza, nel centro esatto del sentimento. “Scrivere/può servire/a non immaginare/vite non vissute./ A non recitare/lettere mai spedite/a non baciare/labbra/che non hanno mai/nemmeno pronunciato/il mio nome”: lo dice proprio, Stefanelli, perchè lo fa, di scrivere. E ci spinge a farlo, di sentire e vivere. Ed è davvero questo che succede, leggendola: tutto si ferma, e le nostre emozioni diventano centro e baricentro del tutto, fuse insieme ai versi che stiamo leggendo, che fanno da guida luminosa.

Sembra edotta, l’autrice, sull’amore: sia per quel tratto fantasmatico tipico di un sentimento magico e misterioso (“E’ d’ombra l’appuntamento/che pure mi commuove”), sia per l’assunzione del rischio che è d’obbligo ogni volta che ci lasciamo ingaggiare in una relazione amorosa (“Questa paura/ci trasfigura/da luminosi volanti/a fragili tremanti/per consumato abbandono”), sia per quel senso di naufragio che a un certo punto travolge fisiologicamente ogni incontro: “E’ la palude/degli istanti/che consuma/gli anni”. Ma anche tanto stupore, sensualità, corpo e carne: “Se la lingua non è carne, muscolo/ma elicoidale inganno/che ti avvita i desideri/fino a scolpirne la forma”.

Il vero gioiello di “Le attitudini” è però l’accoglienza del sè (“Non ti conosco/ma ti abbraccio/come una cosa rara”), la capacità di tratteggiare, senza giudizio e con ascolto profondo, ogni dettaglio e cangiare dell’umano sentire, con empatia e appartenenza, con un mise en abyme che riverbera e restituisce l’anima all’anima, piena, autentica, rotonda e includente. Ecco quindi che spaesamento e inafferrabilità del tempo e della vita non hanno i toni cupi della rassegnazione o della rinuncia ma, al contrario, rivitalizzano, danno speranza e creano possibilità, perchè è proprio nell’atto poetico del riconoscersi che si dispiega l’amore.

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