Oggi parliamo di un libro che spiega l’amore. Sì, ok, lo so che l’amore non si può spiegare, che non ci sono riusciti ad oggi nè scienziati nè poeti e blabblà, però un paio di cose da dire le ho, se non altro per mettere a fuoco chi sono i fazionisti di questo sentimento tanto frequentato. Sì, perchè sull’amore ci si scanna che sembra appunto una guerra tra fazioni: ci sono quelli che io chiamo i fanatici dell’amore, per cui tutto giustifica il congiungimento con l’amato (anche passare come carrarmati sulle vite di altri che si frappongono per scelte precedenti o che si trovano lì per caso); ci sono gli ideologi, per cui l’amore è un sentimento puro dotato di caratteristiche intrinseche e assolute (ovviamente definite dall’ideologo del caso); c’è chi trova l’amore tra le lenzuola e ne diventa felicemente o infelicemente schiavo (suggerisco maggiore chiarezza tra quel sentimento di cui si è proprietari e donatori con capacità di discernimento e lo stato d’estasi che è l’effetto di quell’ineguagliabile brodino di ossitocina, adrenalina, endorfina etc etc); c’è chi usa l’amore come rifornimento per un sè ferito, chi, armato di martello, ne fa una questione di chiodo schiaccia chiodo, chi ne approfitta per trovare compagnia contro una solitudine vissuta come un vuoto nemico. Altri ancora – di solito noi donne siamo vere esperte – lo scambiano per devozione, forma sublime di sottomissione e servilismo (per carità: tutto ben travestito da una generica bontà di carattere, che di solito viene valutata come amabilità, capacità di accoglienza ed empatia, arte del compromesso, etc etc).

Dunque, dicevamo, che cos’è l’amore. Ecco, lo racconta alla perfezione il libro “Il giardino segreto”, The Secret Garden, apparso nel 1910 in un periodico americano a puntate rivolto ad un pubblico adulto (nonostante il genere sia a tutt’oggi considerato per ragazz*), riscuotendo un successo tale che, l’anno dopo, si piazzò con due edizioni integrali, a New York e a Londra, grazie a due editori illuminati. L’autrice, l’anglo-americana Frances Hodgson Burnett, nota ai più per aver scritto Il piccolo lord (romanzo per ragazzi che però appassionò molti adulti: mezzo milione di copie vendute), per questo libro vinse un processo in Inghilterra sui diritti d’autore, stabilendo un precedente che fu inserito nella legge britannica sul copyright nel 1911.

Appassionata di giardinaggio, attribuiva a tale attività una funzione terapeutica, anticipando i concetti della terapia occupazionale (oggi la American Horticultural Therapy Association definisce l’ortoterapia elemento centrale del processo terapeutico per migliorare la qualità della vita, per riabilitare pazienti dal punto di vista psichiatrico e neurologico, o come strumento pedagogico).

Ma nel suo Giardino segreto c’è molto di più. E’ la storia di un ménage tra due bambini di poco più di 10 anni, Mary e Colin. Due emarginati, brutta lei, brutto lui. Brutti perchè non amati, non cercati, non voluti, non visti. Eppure, insieme, fioriscono. Un libro, che poi è diventato più volte pellicola (6 volte film, 4 volte sceneggiatura per la TV, due volte soggeto di animazione), in cui il legame affettivo viene narrato come rimedio di tale potenza da riuscire a trasformare il veleno in medicina, le solitudini in incontro rivoluzionario, la paura in coraggio, la resistenza in resilienza, il buio in luce.

I due bambini-ragazzi si incontrano, si riconoscono, si trovano e, attraverso la condivisione di un segreto, la cura di un giardino abbandonato, riescono a costruire una relazione capace di traghettarli da un immobile inferno privato a una dinamica storia di vita piena di sorpresa e stupore: vivida. La relazione come ponte, come cura, come trasformazione.

Ebbene sì, i ragazzi (e noi tutti, ndr) possono educarsi da soli, senza intrusioni di adulti algidi e disconnessi, assenti e distratti, severi e ottusi. La connessione empatica diventa, attraverso l’osservazione del processo vitale e l’azione di intervento in un giardino accessibile a loro solamente (metafora della relazione che nutre e da nutrire), strumento di regolazione, crescita, trasformazione, evoluzione. E’ la tesi del romanzo, in netto contrasto con le convinzioni pedagogiche dell’epoca secondo le quali solo la guida di un adulto (anche se algido, disconnesso, assente, distratto, severo e ottuso) potevano garantire l’educazione di bambini e adolescenti, mentre il legame tra pari era pericoloso perchè autogestito e anarchico, appunto senza il controllo censorio e limitante dell’età adulta, garanzia di conformità e convenzione.

Un romanzo rivoluzionario a 360 gradi tanto da restare ancora oggi faro per tutti coloro che coltivano la ricerca dell’autenticità come anticorpo al conformismo becero, alla schiavitù delle convenzioni, all’obbedienza cieca al pensiero unico che “rende gobbi” come il piccolo Colin, fino a ridurlo senza motivo in sedia a rotelle. Per lo meno finchè non incontra un suo simile: e la parola cardine è incontro.

Colin e Mary rappresentano l’arte della relazione, la potenza del legame, la sfida che ogni ménage impone se ci si vuole salvare attraverso l’amore. Che non è altro se non l’inspiegabile magia, il perturbante miracolo, in cui l’amore accade: lo si riconosce perchè non viene chiamato, non viene cercato, non viene imparato, non può essere invocato. L’amore è la vita che si sprigiona quando un incontro succede; è il valore che si sviluppa naturalmente per il semplice fatto di essersi incontrati.

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