La Famiglia Addams, per tuttə coloro che vivono in famiglie non tradizionali (famiglie allargate, monogenitoriali, omogenitoriali, adottive, separate, divorziate, in lutto, etc), è da sempre simbolo per rappresentare la contemporaneità: una famiglia composta da un gentiluomo di altri tempi, sua moglie, i loro figli, un maggiordomo, uno zio, una nonna, un cugino peloso e una mano. Che desiderare di più, nella riscrittura di un immaginario che sia capace di declinarsi nella realtà dell’oggi?

Eppure questo nuovo film tradisce la sua missione e non riesce a sdoganare il grande archetipo della consanguineità: tutto ruota intorno alla ricerca della reale appartenenza dell’inquieta adolescente Mercoledì alla sua famiglia, messa in dubbio da uno scienziato egopatico assetato di denaro e potere (con grande attualità assimilabile alle attribuzioni fantasiose della frangia estrema dei complottisti no-vax a poteri occulti volti al controllo delle società). L’aggettivo, reale, viene certificato (little spoiler) da un esame di DNA: Mercoledì viene “liberata” dal dubbio di non essere realmente membro della famiglia Addams grazie alla dimostrazione biologica.

Che occasione mancata! Che tradimento del suo pubblico, cari Greg Tiernan, Laura Brousseau e Kevin Pavlovic! Che peccato questo goal perso che riporta il sequel del 2019 indietro al 1942.

Nei paesi sviluppati la famiglia è definita in modo specifico come “un gruppo di persone affiliate da legami di consanguineità oppure da legami affettivi acquisiti e riconosciuti dalla legge per la presenza del vincolo del matrimonio, di una unione civile e per una adozione, oppure per un legame sorto de facto in virtù di una convivenza“. Chi vedrà il film capirà che è proprio quell’ultima frase, per un legame sorto de facto in virtù di una convivenza, che avrebbe potuto trasformare questa pellicola piatta in un manifesto del nuovo mondo, quello inclusivo, plurale, fluido, che vive sotto i nostri occhi e che sarà la realtà in cui i nostri figli crescereanno.

Se l’esame del DNA di Mercoledì avesse confermato la consanguineità con lo scienziato pazzo, ecco che il film avrebbe avuto tutta un’altra verve, e il plot sarebbe stato degno di appartenere alle cose di questa vita.

Mercoledì, infatti, avrebbe scelto la sua famiglia comunque, nonostante lo scambio in culla (caso purtoppo realmente accaduto tante volte come raccontano le cronache), perchè, appunto, famiglia è quel legame definito dai rapporti affettivi, come recita il Diritto di famiglia.

Che ne sarebbe, altrimenti, dei bambini adottati, dei figli cresciuti dal signore seppure figli biologici dello stalliere, di tutti quei bambini e bambine allevati dal compagno o compagna della madre o del padre dopo il lutto dell’altro genitore, di Gesù stesso, figlio per eccellenza, che di certo non era figlio biologico di Giuseppe vista l’età, dei ragazzinə arcobaleno, con due papà o due mamme, dei figli con papà e mamma nati con ovodonazione o spermadonazione, e così via.

Per fortuna sono tanti i film che raccontano altre storie, capaci di rappresentare tutti e tutte, ogni bambino o bambina nell’unicità della sua origine, restituendo loro dignità, e verità, e permettendo una narrazione autentica in cui identificarsi e riconoscersi (qui ne trovate un po’).

Intanto, vi consiglio una lettura fatta bene, dato che non posso autocelebrarmi con Mia o La donna senza nome: il romanzo Domani avremo altri nomi, uscito in italia nell’aprile scorso, ha vinto il Premio Alfaguara ed è stato eletto tra i migliori libri dell’anno per il quotidiano El País. L’autore, Patricio Pron, è uno scrittore e critico letterario argentino tradotto in una mezza dozzina di lingue, selezionato dalla rivista Granta come uno dei 22 migliori giovani scrittori castigliani. E’ una storia d’amore che va oltre gli stereotipi e mette in scena i sentimenti oltre l’orientamento sessuale, l’idea classica di coppia e di famiglia, gli archetipi sulla maternità.

Continua a leggere su ReWriters Magazine.