Giusy Mantione, fondatrice del Centro Clinico De Santis a Roma, è una psicoterapeuta cognitivista, socia didatta dell’Associazione per la Ricerca sulla Psicopatologia dell’Attaccamento e dello Sviluppo fondata da Giovanni Liotti, docente alla Scuola di Psicoterapia Cognitiva, e autrice di varie pubblicazioni scientifiche. Si occupa tra l’altro di terapia della coppia e di sostegno alla genitorialità, anche della omogenitorialità.

Dottoressa Mantione, considera le famiglie omogenitoriali nuclei affettivi identici a quelli formati da persone eterosessuali? Perchè?

Per rispondere a questa domanda sono opportune due premesse. La prima è che così come le famiglie eterosessuali sono diverse tra loro, anche le famiglie omogenitoriali non possono essere appiattite dentro un’unica definizione. Dunque sono simili e differenti a seconda delle caratteristiche personali e di coppia piuttosto che per la tipologia. La seconda è che, più di un personale parere, ritengo corretto rispondere facendo riferimento all’ampia letteratura in merito. La quasi totalità degli studi finora condotti rivela che non ci sono differenze significative nelle abilità di parenting di genitori omosessuali rispetto alle coppie eterosessuali. D’altra parte, non è l’orientamento sessuale dei genitori che incide sull’adattamento del bambino e sul suo sviluppo ma la qualità delle relazioni di coppia e delle interazioni familiari e il senso di competenza e sicurezza dei genitori nell’esercitare la genitorialità.

Come si valuta la capacità genitoriale?

La capacità genitoriale va valutata in riferimento alla capacità di fornire cura, protezione, sicurezza ma anche limiti e confini. Una competenza genitoriale di cruciale importanza per i bambini, per il loro sviluppo emozionale sano e sicuro, è quella che viene definita con il termine “insightfulness” e indica la capacità di un genitore di vedere le cose dal punto di vista del bambino. Più specificatamente, la capacità di un genitore di fornire una descrizione complessa ed adeguata del proprio figlio e la capacità di modificare questa rappresentazione coerentemente con la crescita. Se facciamo riferimento a questi parametri, ritengo più adeguato parlare di “genitorialità dinamica”, per rispecchiare concretamente la realtà dei nostri giorni, piuttosto che fare riferimento ad un unico paradigma di genitori eterosessuali e, in questo modo, legare questa funzione, più opportunamente, ai legami affettivi e al compito di cura che le è proprio.

Come descriverebbe le differenze nell’allevamento di un bambino o bambina da parte di una coppia di genitori omosessuali, rispetto a una di genitori eterosessuali?

Dai dati di ricerca emergono molto più elementi di somiglianza che di differenza. Un esempio fra tutti, la funzione genitoriale correla in entrambe le situazioni con la qualità della relazione di coppia. E’ però importante non sottovalutare quelle situazioni di stress e di disagio nel confronto con il sociale che possono appesantire le famiglie omogenitoriali. Se, da una parte, la maggior attenzione dei genitori all’impatto dei figli con l’ambiente sociale e scolastico consente di monitorare con più scrupolo le diverse variabili e gli eventuali aspetti problematici, dall’altra, il livello di preoccupazione e di ipercriticità rischia di essere sempre elevato.

La comunità scientifica internazionale, all’unanimità, sostiene che l’unico fattore di rischio per la salute di un figlio nato in famiglie omogenitoriali sia quello di essere maggiormente esposto al cosiddetto “minority stress disorder”, esattamente come chiunque sia portatore di una “differenza”: secondo la sua personale esperienza, ci sono altri elementi che possano minare il benessere di un figlio con due genitori dello stesso sesso?

La carenza di sostegno sociale e la mancanza di tutela e di riconoscimento legale, insieme alla eventuale mancanza di sostegno e supporto da parte delle famiglie di origine possono essere un ulteriore elemento di vulnerabilità per le famiglie omogenitoriali.

Funzione normativa e care giving: secondo lei si tratta di funzioni che è bene siano distribuite tra i due genitori in base al sesso biologico, madre care giver e padre normativo? Come possono essere assicurate queste due funzioni, così fondamentali, a un bambino con due genitori omosessuali?

Fortunatamente, e non solo per questo delicato argomento, la distinzione e distribuzione di ruoli e funzioni in base al sesso biologico è ampiamente superata. Per quanto riguarda le famiglie omogenitoriali la situazione sembra addirittura opposta. Si rileva un concetto di maschile e femminile più ampio e più flessibile nei figli di famiglie omogenitoriali e questo anche in ragione di una maggiore libertà e creatività nei ruoli genitoriali e anche una maggiore equità nella ripartizione dei lavori domestici e familiari. I dati di ricerca, allo stato attuale, sostengono che i bambini e gli adolescenti con famiglie omogenitoriali hanno uno sviluppo normale e le loro condizioni di salute mentale non sembrano presentare differenze rispetto a quelle di figli di persone eterosessuali. Non sembra rilevante dunque quale dei due genitori assolva la funzione di care giver e la funzione normativa ma che queste siano garantite nella relazione con i figli.

Cosa succede a un bambino che non ha una mamma o un papà, per via della costituzione omogenitoriale della sua famiglia?

Molto probabilmente troverà talvolta un po’ faticoso dover spiegare agli altri bambini la composizione del suo nucleo familiare e dovrà imparare a convivere con l’esperienza di non passare inosservato. In ragione di quanto detto sino ad ora, ritengo che i due tipi di nuclei familiari si possano considerare del tutto sovrapponibili.

Che fine fa il complesso di Edipo nelle famiglie omogenitoriali femminili? Di chi si innamora il figlio? Chi separa il sincizio madre-figlio?

Per rispondere a questa domanda devo necessariamente fare ricorso al contributo dei colleghi psicoanalisti. Le rispondo con le parole di Vittorio Lingiardi, il quale sostiene che la forza strutturante il complesso edipico potrebbe non risiedere tanto nella possibilità di identificazioni sessuali con specifici corpi sessuati, quanto piuttosto nella possibilità di trovare il proprio posto all’interno della scena familiare. Molte osservazioni psicoanalitiche hanno ampliato le possibilità identificatorie a disposizione del bambino e della bambina.

E lei come cognitivista cosa dice sulla possibilità di adattamento per i figli arcobaleno?

Il grado di sicurezza che un bambino può raggiungere nella relazione con i propri genitori rappresenta un equipaggiamento per la sua crescita di fondamentale importanza. Lo sviluppo, sia emotivo che cognitivo, è correlato con la possibilità del bambino di stabilire una relazione sicura con le proprie figure di accudimento. Se penso a quanta attenzione, quanto amore e quanti scrupoli i genitori che scelgono di avere un figlio affrontando così tante sfide sono in condizione di offrire, direi che i figli di famiglie omogenitoriali sono decisamente ben equipaggiati. Come è ovvio che sia, all’interno di queste situazioni, così come l’orientamento sessuale non è determinante per le capacità genitoriali, è vero anche il contrario: questa scelta non esclude le variabili personologiche disfunzionali che possono riguardare i genitori di qualsiasi tipologia di nucleo familiare.

Che cosa succede a un bambino arcobaleno se i genitori si separano?

In caso di separazione, al di là degli effetti del tutto assimilabili a quelli di qualsiasi famiglia, c’è da valutare il vuoto normativo e legislativo a tutela dei genitori non biologici e dei figli dopo le separazioni. E’ più che mai necessario che la coppia si impegni nella direzione di una intesa e collaborazione per garantire ai figli la continuità del legame con entrambi i genitori. E’ tutto affidato a loro.

Info: http://www.ccds.it/

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