Non se ne può più di spiegare a chi la teme che la “Teoria del Gender” non esiste. Il punto invece, soprattutto per noi italiani, è costruire un nuovo mito dell’origine che possa distinguersi – in modo creativo e non riduttivo – dalla fecondazione naturale. Il salto epocale, infatti, non è tanto la presenza delle nuove famiglie omogenitoriali quanto il concepimento di bambini e bambine al di fuori del talamo (o, più didascalicamente, della copula). Ciò che ci traghetta davvero in una nuova era sono i “nuovi figli”, quelli che, in famiglie omogenitoriali, eterogenitoriali, o monogenitoriali, arrivano sulla terra grazie alla fecondazione in vitro.

Ecco che la cicogna esce brutalmente dalle favole per esistere in tutta la sua mostruosità, trasformandosi da animale totemico della fertilità a uccellaccio del malaugurio che confonde e disperde quell’eredità genetica tanto cara alla cultura dei maschi. Già, perché basta studiarsi un po’ di storia della famiglia per capire che l’idealizzazione e l’ipervalutazione del dna nei contesti familiari altro non è che una cintura di castità culturale, molto utile agli uomini per proteggersi dall’angoscia dell’infedeltà coniugale. In altre parole, il nuovo mondo che sta arrivando non è nuovo perché coppie di uomini o coppie di donne allevano i figli, lo è perché non viene più affidato al codice genetico la capacità di distinguere i figli buoni (“legittimi”) dai figli cattivi (“bastardi”), né all’accoppiamento carnale quella di procreare. Ed eccola la rivoluzione: nel nuovo mondo contano, ebbene sì, la qualità degli affetti e delle relazioni, e la capacità di assumersi delle responsabilità.

Il ribaltamento del pensée unique sembra totale, ma non lo è, e il problema non è insormontabile. Infatti siamo già pronti da tempo a immaginare filiazioni sentimentali e concepimenti intellettuali. Basta armarsi di curiosità laica e passione per la conoscenza (provando a spogliarsi di dogmi, stereotipi e pregiudizi), et voilà, tutto è già stato rappresentato. Senza scomodare la Madonna (che comunque, oltre ad aver partorito in una coppia di fatto, deve presumibilmente essere ricorsa a donatore anonimo), basta pensare a Atena, nata dalla testa di Zeus (senza una madre) o a Efesto, nato da Era per partenogenesi (senza un padre). Per non parlare di Pinocchio, figlio di padre single, fabbricato in una falegnameria con raffinata tecnologia, e di tutte quelle fiabe in cui i protagonisti sono sprovvisti di mamme o papà (quasi tutte: pensateci).

Ma forse si tratta di inventare qualcosa di completamente nuovo come completamente nuova è l’origine dei nuovi bambini. Come? Non lo so, ma credo che covando per un po’ le emozioni che le loro vite ci raccontano o ci provocano, e soprattutto mettendosi in ascolto sincero dei loro vissuti, qualcosa possa essere sognato. In ogni caso, adesso che la prima donna nata in provetta ha compiuto 37 anni (il 25 luglio scorso), che cominciano ad “arrivare” i primi young adults con uno o due genitori sterili, è forse ora di porsela la domanda: come possono, loro, pensare il proprio mito dell’origine? Come possono simbolizzare la loro creazione senza essere fagocitati da un pensiero vuoto?

Certamente, i figli cui non è stata rivelata la verità sul loro concepimento (necessariamente con genitori eterosessuali) non avranno questo problema. Ma tutti gli altri? Quelli che, secondo la statistica internazionale, stanno diventando sempre di più (per le statistiche italiane, anche se non viene contemplato il nostro elevatissimo turismo riproduttivo , leggi qui)? Insomma, è tempo di rinnovare miti, simboli e archetipi della nostra millenaria cultura, tanto antica e importante quanto vecchia e pesante, ricordandosi che ogni cambiamento ci fa vivere un senso di lutto e di perdita, ma è anche occasione per rivitalizzare e rivitalizzarsi.

Due suggerimenti: i libri della casa editrice Lo Stampatello e “Mamma raccontami come sono nato”.

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