Raramente ho avuto in mano un libro tanto originale. Emanuele Fucecchi, con il suo graphic novel “Caduta verticale”, ha l’ambizione (riuscita) di raccontarci che il 6 marzo 2013, quando la finestra su un vicoletto al centro della città del Palio si è aperta e David Rossi, responsabile comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, è caduto, morendo dopo più di 20 minuti di agonia. Voragine anche per l’Italia e per l’Europa. Ed è importante che quella finestra non si richiuda, che rimanga aperta non solo per la giustizia, nonostante le due inchieste che hanno archiviato la morte di Rossi come probabile suicidio, ma anche per l’opinione pubblica.

David camminava lungo la faglia di un terremoto che non ha smesso di trasmettere i suoi sinistri scricchiolii neanche a distanza di più di sei anni. L’epicentro temporale è la crisi del 2008. Crisi finanziaria ma che aveva alla radice la fine di un matrimonio che durava dall’avvento dell’era industriale. Quello tra economia reale ed economia finanziaria. La crisi dei mutui subprime, causata in sostanza dalla incapacità dei cittadini americani a pagare le rate dei propri beni immobili, ha infatti causato la deflagrazione di una gigantesca bolla cresciuta all’insaputa dei cittadini normali ma nche all’ombra degli esperti di economia.

Lo scoppio è stato fragoroso, ha causato fallimenti e ristrutturazioni sanguinose, ma l’aria tossica che l’ha gonfiata è ancora tutta intorno a noi. La proliferazione maligna di prodotti finanziari scadenti, marcescenti o decomposti è continuata senza posa. L’iniezione di liquidità che le banche centrali hanno continuato a insufflare nel sistema ha gonfiato ulteriormente la membrana del corpo estraneo. La risalita verso l’economia reale interrotta, ripresa, di nuovo abbandonata somiglia alla risalita di un sub ormai in crisi respiratoria e minacciato da un embolo letale.

È la descrizione che troviamo nel film “The big short” da cui la graphic novel di Fucecchi ha mutuato intreccio dei piani e ispirazione prospettica ma non il tono, che nel fumetto si tinge di un drammatico grigio-nero tipicamente nazionale. “La storia italiana della mala finanza e della malapolitica si è sempre trascinata dietro una lunga scia di strani suicidi. Da quello di Roberto Calvi sotto il ponte dei Frati neri a Londra a quello di Michele Sindona nel carcere di Voghera a quelli di alcuni protagonisti di tangentopoli come Sergio Castellari, Raul Gardini e Gabriele Cagliari. Poi c’è un unicum tra gli unicum: il suicidio di David Rossi.” Così recita Marco Travaglio nell’introduzione che si sofferma anche sulla origine intrinsecamente nazionale del dramma del Monte dei Paschi.

Nato sotto gli auspici di un compromesso permanente tra due parti avverse,  scaturito dopo il 1992, in cui destra e sinistra confliggenti sul palco, mantenevamo reciprocamente dietro le quinte conflitti di interessi radicati nel mondo della comunicazione, sui territori, nelle banche. È in quest’humus che matura l’intreccio all’origine delle operazioni finanziare spericolate, a dir poco, che hanno aperto la voragine nel Monte dei Paschi, su cui la banca ancora oggi barcolla nei mercati. L’ultimo folle blitz l’acquisto di Antoveneta per nove miliardi in una partita di giro internazionale in cui Mps è la vittima predestinata, sufficientemente liquida per rischiare, controllata quel tanto dalla politica per essere utilizzata da poteri esterni. L’operazione, in un delirio di scambi di prodotti finanziari e probabili tangenti, porta l’istituto sull’orlo del fallimento, ripianato dallo stato con varie tranches di soldi pubblici.

Ancora oggi, nel 2019, si vocifera di ulteriori iniezioni di denaro pubblico da ggiuingere alla perdurante, poliennale partecipazione statale. In questa ragnatela, in cui all’inizio ci sono pochi ragni e molte mosche, finisce David Rossi. Non conosciamo con certezza il movente del suo suicidio imperfetto, il suo ruolo spaziava dalla comunicazione alla sponsorizzazione fino alla segreteria particolare con puntate nel trasferimento finanziario sospetto. Di sicuro David sapeva tutto della banca avvinghiata dalla politica, spolpata dalla pessima gestione, lanciata nella mala finanza e nella corruzione.

E’ evidente a qualsiasi persona di buon senso che David il 6 marzo è già tramortito quando cade.  Basta una sola superficiale visione del video, la parabola di un corpo già privo di coscienza come l’analisi e la ricostruzione visuale del fumetto di Fucecchi ci mostrano incisivamente. Su questo pesa l’ultima parola di Zavattaro, colonnello dei ris, celebrato perito del caso Yara Gambirasio. L’esperto ammette che con grande probabilità David Rossi è stato picchiato la sera della sua morte. Quel corpo, nonostante le due archiviazioni, è ancora in fondo al vicolo sotto i riflettori. La sua agonia è ancora sotto i nostri occhi. L’unica testimonianza rimasta delle tante telecamere di sorveglianza ci fa invocare un prima, un dopo, un contesto per dare ragione della morte di un uomo. A questa richiesta risponde una graphic novel senza reticenze, con l’ambizione del romanzo noir, la fedeltà alla cronaca e la visione immaginifica di ciò che è successo ma non si è visto. Solo un romanzo a fumetti poteva riuscirci.

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