Personaggio borderline per eccellenza, Mario Mieli da pochi giorni è diventato, per mano della storica Laura Schettini, una nuova voce del Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani. Figura complessa e non riconciliata della cultura italiana della seconda metà del secolo scorso, fu attivista, filosofo e performer, e considerato uno degli iniziatori del movimento GLBTQ italiano. Leggiamo:

“Alla vigilia dell’estate del 1977 uscì il libro che lo fece considerare, all’estero e tardivamente, il principale teorico del movimento gay italiano e, secondo alcuni, l’apripista degli studi queer: “Elementi di critica omosessuale”, con la prestigiosa casa editrice Einaudi. Riprendendo e approfondendo suggestioni che aveva coltivato sin dai primi articoli comparsi su Fuori! e in accordo alla tecnica del rovesciamento delle categorie già sperimentata nella sua carriera teatrale, in questo lavoro chiamava in soccorso il concetto freudiano di polimorfismo sessuale originario, la «disposizione erotica polimorfa e “indifferenziata” infantile, che la società reprime e che, nella vita adulta, ogni essere umano reca in sé allo stato di latenza oppure confinata negli abissi dell’inconscio sotto il giogo della rimozione».

Nella sua visione, dunque, l’eterosessualità non è affatto naturale e normale, ma il prodotto storico della «educastrazione», di un processo culturale e sociale che inibisce «la pluralità delle tendenze dell’Eros e l’ermafroditismo originario e profondo di ognuno» (ibid., p. 8)”.

Interessante la centralità che Mieli affidò allo stato di alterazione psichica “quale mezzo per aprire la percezione oltre la norma. Il riferimento, a partire dalla sua esperienza, è a nevrosi, follia, paranoia, delirio e, soprattutto, alla schizofrenia, anch’essa come l’omosessualità carattere latente in ogni essere umano e mezzo privilegiato per accedere a una conoscenza superiore delle cose e dei loro nessi e per «la (ri)scoperta di quella parte di noi che Jung definirebbe “Anima” oppure “Animus”».

Inoltre, per Mieli l’omosessualità sarebbe anche la condizione che permette di raggiungere una dimensione di conoscenza più profonda, simile alla ‘follia’: «La paura dell’omosessualità che distingue l’homo normalis è anche terrore della “follia” (terrore di se stesso, del proprio profondo). Così, la liberazione omosessuale si pone davvero come ponte verso una dimensione decisamente altra: i francesi, che chiamano folles le checche, non esagerano»”.

Schettini ci spiega perché il Dizionario Biografico degli Italiani ha deciso di dedicargli una voce: “Mieli ha anticipato tutto il discorso sul genere e ha messo in crisi le identità tradizionali, sperimentando sul suo corpo (la coprofagia, l’alterazione psichica, etc) e spettacolarizzando quella che poi sarebbe diventata cultura, politica e filosofica dei decenni a venire. Il valore di questa voce è soprattutto quello di riconsegnare la biografia a una persona molto chiacchierata ma poco conosciuta, come Mieli desiderava: per tutta la vita ha tentato di sottrarsi al mito di se stesso proprio mentre lo diventava: più un nome che una persona”.

Da non perdere, domani martedi 19 aprile dalle ore 17 alla Cineteca Nazionale di Roma, l’incontro, organizzato dal Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani e dal Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli con Dario Accolla, Mario Colamarino, Francesco Paolo Del Re, Enrico Salvatori e Laura Schettini, e la proiezione del film “Una favola spinta”, sceneggiato da Mieli poco prima di morire suicida a soli 30 anni.

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