Fatevi un giro su Cogenitori.it o CoparentaLys e scoprirete siti di dating per persone che cercano un partner per fare un figlio. State pensando ai maschi gay che inseguono madri surrogate o lesbiche affamate di donatori? Siete fuori strada: siamo nel 2021, sugar.

Stiamo parlando di uomini e donne soprattutto eterosessuali che vogliono un figlio e cercano il secondo genitore, senza lo stress e l’impegno di sostenere una relazione sentimentale e sessuale. E’ la nuova tendenza della contemporaneità, secondo la più importante studiosa del tema, Susan Golombok, che ha appena pubblicato, non ancora tradotto, We are family. La strategia, certamente, discende in modo quasi diretto dalle pratiche della comunità omosessuale, da oltre 40 anni (da quando esistono le tecniche di riproduzione artificiale) costretta a cercare l’aiuto di terzi per realizzare il desiderio di genitorialità. Ma la cogenitorialità è una declinazione completamente diversa: non c’è necessariamente amore romantico, nella coppia cogenitoriale, nè attività sessuale, e così funziona anche nel relativo dating, ossia nella ricerca del partner: un uomo o una donna con cui condividere solo il progetto genitoriale.

Il concetto, ben lontano dalla comunità LGBTQI+, che si sta evolvendo nella comunità eterosessuale riguarda ovviamente le persone single: esistono sul globo decine di migliaia di persone iscritte a piattaforme di parental matchmaking e l’80% è eterosessuale. Mentre l’Europa vanta il primato di utenti, con l’inglese Coparents.co.uk (circa 150 mila iscritti), gli americani ModamilyPollenTree.com viaggiano sui 50 mila.

Stai scuotendo la testa o sgranando gli occhi? Perchè, sai, fa differenza. Col primo gesto giudichi, col secondo apprendi. Vada per il secondo, dai, se sei su ReWriters un motivo ci sarà. Sai cosa diceva il grande Salvador Minuchin? Che “Le famiglie che si adattano al meglio alle numerose sfide della vita sono in genere quelle in cui esiste una collaborazione supportiva fra gli adulti“. E’ proprio questo il punto, e a spiegarlo è la definizione stessa di cogenitorialità, un termine con cui si descrive la “Collaborazione genitoriale ovvero l’insieme dei comportamenti che vengono stabiliti e condivisi dalla coppia genitoriale per garantire lo sviluppo fisico e psicologico dei propri figli, anche nel caso in cui i due genitori non convivano assieme”.

Ora però si apre il solito ventaglio delle sfumature, che certamente intralcia il discorso ma anche gli conferisce dimensione, autorevolezza, dignità e verità. Se, infatti, da una parte, questi bambini sono indubbiamente molto voluti, se è vero che la relazione romantica contiene in sè lo stress fisiologico che ogni negoziazione comporta (soprattutto se continua e se su temi esistenziali, intimi e identitari – e dunque la sua assenza può facilitare il mestiere di genitore), è anche vero che, forse, senza l’amore non c’è una famiglia. Intendo dire che è difficile ridurre la genitorialità a pura funzione e che l’assenza di relazione tra i genitori può rivelarsi un boomerang in termini dell’anaffettività messa in circolo.

La psicoterapeuta evoluzionista Giusy Mantione, socia didatta dell’Associazione per la Ricerca sulla Psicopatologia dell’Attaccamento e dello Sviluppo fondata da Giovanni Liotti, e docente nella Scuola di Psicoterapia Cognitiva, ha avuto modo di osservare pazienti iscritti a queste piattaforme: “Siamo nell’ambito del senso di onnipotenza nella sua massima espressione, in ballo c’è un’ideazione quasi psicotica, e ovviamente un narcisismo senza confini. Il figlio di cui si parla nella cogenitorialità è infatti un figlio assolutamente astratto, così come il secondo genitore, che viene ideato fantasticamente e poi commissionata la sua ricerca senza alcuna nozione della realtà dell’altro”.

La possibilità di creare la vita in laboratorio, se da una parte ha offerto incredibili opportunità a coppie sterili (per l’80% eterosessuali), dall’arta rischia appunto di trasformarsi in un vero e proprio delirio di onnipotenza: nessuna garanzia, ad esempio, che con il cogenitore conosciuto in chat non si crei una grande tensione: anche senza passione e sentimento, infatti, il rapporto con l’altro può causare stress e conflitti, soprattutto se non assomiglia all’ideazione astratta di cui diceva Mantione. Il sostegno reciproco, la solidarietà, la cooperazione, è vero, sono basi fondamentali per crescere un bambino o una bambina in un ambiente sano, ma è anche vero che stiamo pur sempre parlando di emozioni e sentimenti, che non possono essere garantiti a priori o in un contratto per il semplice fatto che i due soggetti condividano il desiderio di diventare genitori.

Credere che una relazione affettiva sia causa di stress, che evitarla sia l’antidoto a tale stress, e che si possa essere genitori scavalcando proprio quella relazione da cui discende poi la triade con il figlio è ingenuo. Ciò che vedo pericoloso nella cogenitorialità, insomma, è proprio il rifiuto della relazione, ossia dei sentimenti, degli affetti, delle emozioni – tutte le emozioni, perchè anche quelle negative hanno la loro funzione. Siamo anni luce distanti dal movente che spinge le coppie omosessuali a ricorrere alla procreazione medicalmente assistita, anzi, direi che siamo sull’emisfero concettuale opposto: da una parte l’amore che vuole farsi materia, attraverso un figlio, dall’altra il desiderio di diventare genitore senza amore: può un figlio essere felice semplicemente con le funzioni genitoriali garantite (care-giving e norma)? Di quale amore è figlio? O forse è figlio della somma di due desideri narcisistici solitari?

Sono domande a cui non ho risposta e vorrei invece i vostri commenti. Certo, di matrimoni combinati e felici è pieno il mondo, soprattutto in certe culture. Così come, storicamente, il figlio del nobile era spesso geneticamente dello stalliere. O molti padri sono stati solamente donatori di figli cresciuti dalle madri e dalle donne intorno a loro. Ma si tratta di fenomeni contestualizzati storicamente, antropologicamente, sociologicamente, culturalmente.

Tutt’altra cosa è la cogenitorialità che deriva da una relazione affettiva equilibrata e solida: due amici, ad esempio. O due persone che hanno un rapporto affettivo di qualsiasi natura possibilmente ben consolidato e che, per via della qualità di quel rapporto, decidono di diventare genitori insieme. Siamo nel campo complesso della bioetica, dove non abbiamo altro che le nostre opinioni da connettere nella speranza che il confronto ci aiuti ad orientarci nella nebbia del futuro tecnologico di homo sapiens.

Intanto, consiglio due film che possono aiutare nel trovare il proprio punto di vista sul tema della cogenitorialità: Father and son sfida ogni luogo comune sulla genitorialità e fa riflettere su cosa sia famiglia in modo non convenzionale. Un film struggente ed enigmatico, nelle mani abili del regista Kore ‘eda Hirokazu: anche se l’ambientazione è ancorata nel mondo orientale e rappresenta la cultura giapponese, i temi sono universali. L’altro è Manchester by the sea, di cui – a parte la figaggine senza fine del protagonista, Casey Affleck (fratello di) – non vi dico nulla se non di prepararvi un pacco di fazzoletti accanto a voi all’avvio: un capolavoro.

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