Sono in tanti a detestare il Capodanno e a preferire passarlo in solitudine, rintanati da tutto e da tutti. E allora ecco l’occasione giusta. Si badi bene però, è tutto un passaparola, e bisogna conoscere qualche amico buddista per avere le coordinate esatte. Oppure provare per le vie ufficiali, e visitare il sito dell’associazione buddista Soka Gakkai (www.sgi-italia.org). Sta di fatto che il 31 gennaio molti praticanti del mantra Nam Myoho Renge Kyo si troveranno, quasi fosse un flsh mob mistico, a Civita di Bagnoregio, la cosiddetta “Città che muore”.

Niente di più suggestivo anche per un non-buddista, un non-religioso, un laico, un agnostico. O un cattolico, che oltretutto troverà ottimo pane per i suoi denti, visto che il 26 dicembre, l’1, il 4 e il 6 gennaio ci sarà il tradizionale presepe vivente per le disabitate strade del centro. Lo scenario è veramente unico al mondo: isolata in senso assoluto, la cittadina di 12 abitanti è raggiungibile solo attraverso un ponte pedonale in cemento armato del 1965. E bisogna fare pure presto, perchè l’erosione della collina che la sostiene è sempre più veloce ed aggressiva.

Location perfetta, insomma, per cominciare il nuovo anno in raccoglimento spirituale: recitando davanti a un piccolo Gohonzon portatile (detto anche “Omamori”, è la pergamena davanti alla quale i buddisti di Nichiern Daishonin recitano il mantra che loda la vita) e ascoltando il suono del silenzio. Magari esposti alla Valle dei Calanchi, ai piedi della città, tra il Lago di Bolsena e la valle del Tevere, formata dall’erosione e dalle frane (dal 2005 sito di interesse comunitario).

Il posto si presta anche per la sua antica storia: la fondarono gli Etruschi, 2500 anni fa, su una delle più antiche vie d’Italia, quella che univa il Tevere (allora grande via di navigazione dell’Italia centrale) e il lago di Bolsena. A differenza di oggi, in cui l’unica porta della città è quella di Santa Maria, in passato vi erano ben cinque accessi e l’abitato era basato sull’incrocio di Cardo e Decumano, tracciato tutt’ora evidente. Una passeggiata prima di cominciare il conto alla rovescia verso il 2015 merita farla: Medioevo e Rinascimento sono i protagonisti indiscussi di ogni viuzza e vicolo, anche se la zona detta di San Francesco vecchio conserva tracce etrusche. I più coraggiosi potranno fare capolino nella grotta di San Bonaventura, una tomba a camera etrusca, e al “Bucaione”, un profondo tunnel che incide la parte più bassa dell’abitato. Di sicuro, il fascino di Civita sta nel fatto di essere stata abbandonata da almeno duemila anni, fin dai tempi dei romani: stanchi della continua manutenzione dei canali di scolo costruiti dagli Etruschi per favorire il corretto deflusso delle acque piovane che, già allora, causavano una pericolosa erosione, se ne andarono quasi subito lasciando la città all’incuria del tempo.

Il primo dell’anno, per i cattolici ma anche per semplici curiosi, ci sarà un bellissimo presepe vivente diffuso per le strade del borgo e una visita guidata alla Chiesa di San Donato (affacciata sulla piazza principale, custodisce il S.S. Crocefisso ligneo), al Palazzo Vescovile (bellissimo mulino del XVI secolo), alla casa natale di San Bonaventura, e alla porta di Santa Maria, coi suoi due leoni che tengono tra le zampe una testa umana, a ricordo di una rivolta popolare degli abitanti di Civita contro la famiglia orvietana dei Monaldeschi. In realtà la chiesa andrebbe vista anche il Venerdi Santo, la data più sentita della città: in una suggestiva cerimonia, viene deposto il S.S. Crocifisso che poi viene trasportato nella secolare Processione di Bagnoregio. Tant’è: buon Capodanno a tutti, anche ei più melanconici.

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