Il 29 settembre, all’inaugurazione della Biennale Musica di Venezia, arriva Fabio Bagnoli con il suo oboe. Non banale, visto il profilo del musicista e visto che il Concerto per Oboe e Orchestra di Elliott Carter manca da circa 25 anni dalle sale da concerto italiane. Ma andiamo per ordine. Stiamo parlando di uno dei concerti per oboe più complessi e belli del repertorio di questo strumento: la partitura richiede grandi capacità tecniche, interpretative e di resistenza. “Il pezzo – spiega Bagnoli – si muove nelle regioni estreme dello strumento con salti vorticosi e lunghe sequenze di puro virtuosismo strumentale, creando belle linee cantabili poste nel registro acuto e andando a toccare suoni di straordinaria altezza. Sembra che Carter abbia voluto testare il limite delle possibilità dell’oboe in tutti i suoi parametri”.

Bagnoli si esibirà con l’orchestra PMCE diretta da Tonino Battista ed è uno dei 10 oboisti in tutto il mondo a potersi permettere questa esecuzione (la prima risale al 1988). Ma chi è questo musicista, figlio di imprenditori calzaturieri toscani, che si è rifiutato di seguire le orme del padre e delle precedenti generazioni, tutte impegnate negli stessi affari di famiglia?

“Fin da bambino avvertivo dentro qualcosa di insolito, che mi portava ad ascoltare e a impossessarmi dei suoni. E’ difficile da spiegare. Poi le drammatiche vicende di salute di mio fratello: mi hanno calato dentro me stesso e l’unico modo per comunicare è diventato la musica. Ho cominciato con gli strumenti a fiato medioevali, per poi subito dedicarmi all’oboe”.

Nel 1989 si diploma al Conservatorio di Bologna, per poi perfezionarsi a fianco dei maggiori oboisti di quegli anni, tra cui Han de Vries e Hansjorg Shellenberger. Ma a completare la sua formazione sono stati l’oboista e direttore d’orchestra Pietro Borgonovo e il compositore Romano Pezzati: “E’ da lui che ho appreso i processi creativi della musica”.

Primo oboe stabile nelle più prestigiose orchestre italiane come l’Orchestra  Regionale di Roma e del Lazio e l’Orchestra Verdi di Milano, si esibisce coi maggiori musicisti europei, come Peter Lukas Graf, Heinz Holliger, Bruno Canino, Giuseppe Sinopoli, Krzysztof Penderecki, Gemma Bertagnolli, Mario Caroli, etc. Lascia ammutolite le platee delle più importanti istituzioni concertistiche internazionali: Unione Musicale Torino, Amici della Musica di Palermo, Musica insieme Bologna, Stagione Concertistica Università Sapienza Roma, G.O.G. di Genova, Amici della Musica di Trieste, Società del quartetto di Vercelli, Mito Festival, Symphony Hall Boston, Ljubljana Festival, etc.

Ma Bagnoli, artista poliedrico, è andato oltre, sempre alla ricerca, fino ad azzardare la sperimentazione. Negli anni ha lavorato per portare il suo strumento a confrontarsi con partiture del periodo contemporaneo definite estreme come gli Etudes Transcendantales del compositore inglese Brian Ferneyhough, eseguito a Parma presso il Teatro Farnese, il Capriccio per oboe e orchestra del compositore polacco Krzysztof Penderecki, eseguito a Firenze con la collaborazione dello stesso maestro Penderecki, e con partiture per oboe degli anni ’70 trasgressive come Cardiophonie del compositore Svizzero Heinz Holliger eseguita a Roma presso il parco della musica.

Tra le sue ricerche estreme, non mancano quelle in ambito letterario: nel 2007 scrive un melologo tratto dal libro “Rasoio di guerra” di Vincenzo Pardini: “Il racconto prescelto era “La segregazione”, con musica di Adriano Guarnieri e recita di Sandro Lombardi, che emozioni!”. Per non parlare del successo del melologo, tratto da un testo di Mario Tobino, “L’angelo” di Liponard, con musica di Silvia Colasanti.

Straordinaria più di tutte – se devo dire – la sua capacità di far dialogare strumenti antichi e moderni: “L’arte, in particolare la musica, va saputa reinterpretare, perché tra le sue pieghe c’è sempre qualcosa di misterioso e di incomprensibile che deve essere  portato alla luce”.

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