Un film pieno di citazioni (Rohmer, “Lezioni di piano”, Jane Austen..), cinematograficamente perfetto fino a sfiorare il manierismo, volutamente lentissimo come lente sono la sensibilità e la sensualità femminile – in questo tanto distante dallo scatto maschile. Assordante e teso il silenzio senza tempo nel quale si sviluppa l’erotismo tra le due protagoniste, fino alla detonazione dell’ultima scena, in cui un’improvvisa cascata di note rimpiazza l’assenza di colonna sonora.

La narrazione si muove sui giochi espressivi dei primissimi piani, dei simboli e delle allusioni. Nonostante l’enfasi, lo sguardo vagamente ossessivo e spiccatamente voyeur della regista, il film riesce a farsi sentire con una sua verità, che non è solamente vincolata all’epoca, ma evoca l’autenticità universale degli amori impossibili.

Stiamo parlando di Ritratto della giovane in fiamme, di Céline Sciamma, premiato al Festival di Cannes, con una candidatura al Golden Globes, tre candidature e vincitore agli European Film Awards, una candidatura a Critics Choice Award e a Spirit Awards. In Italia ha incassato 280 mila euro. Insomma non male.

Siamo nella Francia del ‘700 e Marianne, pittrice, deve fare il ritratto di nozze di Héloise, una giovane donna appena uscita dal convento che però non vuole sposarsi e per questo non vuole farsi ritrarre. Dopo aver rifiutato già un precedente ritrattista, accetta di pssare il suo tempo con Marianne, incaricata in segreto dalla madre di Héloise, credendola una dama di compagnia. La frequentazione assidua tra le due, basata sugli occhi che Marianne punta addosso senza sosta sul suo soggetto per poterlo memorizzare e poi ritrarre di nascosto, innesca tra le due un sensuale gioco di sguardi e di specchi, che piano piano rivela l’una all’altra nella propria essenza, ma al contempo ognuna acquisisce prospettiva e profondità su se stessa.

Céline Sciamma, omosessuale attivista e per anni compagna di Adèle Haenel, protagonista del film, è al suo quarto cortometraggio ma è diventata famosa a livello mondiale con il suo “Tomboy” (2011), con cui vince il Premio della Giuria ai Teddy Award, il Premio Ottavio Mai e il Premio del pubblico al Torino LGBT Film Festival. Talento non manca, e i cineasti lo vedono da subito, già dal suo debutto alla regia, nel 2007: con “Naissance des pieuvres”  vince il Premio Louis-Dellucper la migliore opera prima e il Prix de la Jeunesse al Festival du film de Cabourg, oltre ad essere nominato per la miglior opera prima ai Premi César 2008. Nel 2010 dirige il cortometraggio Pauline, e nello stesso anno collabora alla sceneggiatura di Ivory Tower.

Con “Ritratto della giovane in fiamme” continua la sua ricerca sull’identità sessuale ma per la prima volta realizza un film in costume. Forse per poter porre al meglio la sua domanda: quanto le strutture sociali impediscono agli individui di farsi ritrarre (cioè guardare) per ciò che veramente sono? Lo script è sorprendente, forte della tecnica del mise en abyme che Scianna usa con una disinvoltura eccellente: Marianne, abile ritrattista, scoprirà un’immagine di se stessa che non conosceva proprio attraverso lo sguardo su se stessa del soggetto che vuole ritrarre.

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