Discutendo con amici e collaboratori artisti, produttori, musicisti, musicofili, intellettuali, critici, mi sono trovata a misurare con amarezza il grado di snobismo in un certo ambiente culturale. Io sono musicalmente ignorante, facevo la cubista negli anni ’90, sono rimasta intrappolata dall’imprinting dell’elettronica, so di non avere voce in capitolo quando si parla di musica, e per darmi un tono ne ho fatto un vezzo.

Infatti, non ho alcuna velleità di difendere Achille Lauro come musicista, non ne sarei capace, così come non potrei sperticarmi a commentare una cartella clinica o una sentenza. Ma di immaginario mi intendo. Ci lavoro da quando avevo 20 anni (la mia tesi di laurea si intitolava “Il cambiamento dell’immaginario sul corpo femminile: Noi Donne e Amica 1973-1995”) ed è il punto di tutti i miei romanzi.

Ebbene, in termini di immaginario, Achille Lauro segna un’epoca. Intendiamoci, di intellettuali antisessisti che lavorano sull’immaginario collettivo ne esistono (ho appena invitato il filosofo femminista Lorenzo Gasparrini a scrivere su ReWriters), e per fortuna. Ma un conto è scrivere libri colti e un altro è parlare a tutt* dal più importante palco italiano e dal media numero uno del nostro paese.

Achille Lauro – fenomeno di marketing secondo i miei amici di cui sopra – di fatto riesce a fare accapponare la pelle con i suoi messaggi diretti, semplici, volgari (da vulgus, popolo, appunto: pop). Per “accapponare la pelle” intendo farfalle nello stomaco, qualche brividino o anche meno, ma di fatto l’attenzione la cattura, non solo dell’algoritmo sui social. Che dico, emozione, non attenzione! Il punto è l’emozione.

A parte considerarlo un performer eccezionale, un artista di spessore, autentico, geniale, la nostra Madonna o Lady Gaga, ma anche il nostro David Bowie (e divertirmi a far sobbalzare sulla sedia i miei amici colti), a parte la gratitudine per regalarmi le emozioni (facili, è vero, come un Gewurztraminer, ma chissene, se godo), c’è qualcosa di più importante da sottolineare: Achille Lauro inaugura l’autocoscienza maschile, dà il via alla riflessione sulla mascolinità, e questo ha un valore inestimabile per l’intera nostra contemporaneità.

Con 50 anni di ritardo rispetto al femminismo e ai gruppi di autocoscienza che hanno portato tante donne a intraprendere il lungo viaggio dell’emancipazione e dell’autodeterminazione, rompendo stereotipi, scardinando luoghi comuni, destrutturando convenzioni e standard, smontando pregiudizi e strutture di senso e significazione opprimenti e disfunzionali, adesso, grazie a un artista del popolo, si può cominciare a ripensare anche il ruolo degli uomini nella società.

Anche i maschi possono cominciare a ripensare se stessi, a reinventarsi, a liberarsi, a emanciparsi da attribuzioni che lasciano poco spazio alle varie autenticità. Smalto alle unghie lunghe, trecce come il culturista che è in Mina, vestiti da sposa, veli da santa, tacchi, piume, grammatiche drag, codici queer, citazioni su citazioni, da Bowie a David LaChapelle, un continuo omaggio alla femminilità da un maschio che rimane maschio e che sfida Ibrahimovic: non ti conviene chiudermi in garage perché poi le ragazze vengono da me.

Il messaggio è chiaro, e anche detto: dio benedica il nostro essere umani. E in questa qualità c’è tutto: forza, dolore, piacere, vulnerabilità, ambizione, gentilezza, compassione. Questi sono gli uomini di cui abbiamo bisogno se vogliamo finalmente creare un dialogo tra pari, uomini e donne, entrambi consapevoli che la chiave per la convivenza pacifica con se stessi e quindi con l’altro è l’autenticità e la consapevolezza.

Un dialogo che fino ad oggi non è stato possibile e che, anzi, si è sempre ridotto a scontro e opposizione, perché non ci si può confrontare quando non si gioca ad armi pari: quando appunto non si è fatto un percorso di presa di coscienza su se stessi. Achille Lauro valida tutti quegli uomini che non si riconoscono nella “mascolinità tossica”, nella coazione testosteronica, nel mito della prevaricazione e della sottomissione delle donne e dei più deboli come conferma identitaria, nell’imperativo al dominio come unica forma di assertività, nella gestione del potere come alfabeto della relazione.

Achille Lauro rappresenta i nuovi uomini, un modo nuovo di sentirsi maschi, un modo adattivo alle nuove evoluzioni e alle contemporaneità che, finalmente, anche e soprattutto grazie ai movimenti delle donne, comprende un doppio soggetto nel mondo, un doppio sguardo, riconosce la cura come alternativa al potere, il consenso al possesso.

Uomini che amano e rispettano le donne, omaggiandole anche assumendone le sembianze, che riconoscono la femminilità come soggettività imprescindibile anche dentro se stessi. Grazie, Achille Lauro, perché mia figlia vivrà in un mondo dove essere se stessi, tanto per i maschi quanto per le femmine, sarà un motto, sarà glam, sarà gancio di inclusione.

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